GIULIO SPERANZA PHOTOGRAPHY
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BLOG

New collaboration with StenopeiKa - Nuova collaborazione con StenopeiKa per il progetto 8x10" in montagna!

12/15/2016

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Picture
Me (Giulio Speranza) on the left, Samuele Piccoli of StenopeiKa on the right and the current 8x10" folding camera (810SE2) model in front of us.
ENGLISH
I'm pleased to announce a new collaboration with StenopeiKa, a company from Pistoia, Tuscany, that produces hand made film cameras. Samuele Piccoli, with me in the picture above, designs, creates and sells everything with StenopeiKa logo, all with the utmost passion, novelty and precision of the best "Made in Italy" craftsmanship.

The big news is that I'll be the offical tester and photographer of the new generation of 8x10" wooden/metal folding camera, that promises to be even more lightweight and easy to use than the current 810SE2 model.

Samuele defined his new creation as the mountain photographer's large format camera and in fact I'll have the honor to test the new prototype of 8x10" camera to realize a photographic project about greater apennines mountains, shooting large format black and white pictures during this winter and beyond.

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ITALIANO
È con grandissima soddisfazione e orgoglio che annuncio la nascita di un nuovo progetto di collaborazione con
StenopeiKa, azienda di Pistoia che produce a mano fotocamere a pellicola. Samuele Piccoli, che vedete nella foto assieme a me, progetta, costruisce e commercializza tutto ciò che è marchiato StenopeiKa, il tutto con la passione, l'originalità e la precisione del miglior artigianato "Made in Italy".

Al centro della foto vedete il prototipo dell'attuale modello in produzione di fotocamera folding 8x10", la 810SE2, il cui progetto è alla base della nuova generazione di banchi ottici 8x10" in legno pregiato e leghe metalliche che promette di essere ancora più leggera e funzionale della già straordinaria 810SE2.

La grande notizia è che Samuele mi ha scelto come tester/fotografo ufficiale del nuovo prototipo, che vedrà la luce nei primi mesi del 2017 e che è pensato, tra le altre cose, per chi fotografa in grande formato in montagna e quindi è alla costante ricerca del compromesso tra l'attrezzatura che garantisca il massimo della portabilità e il massimo della qualità.
​
Avrò quindi l'onore di testare un prototipo della nuova fotocamera per realizzare un progetto di fotografia grande formato 20x25 sui monti dell'Appennino, che prevede escursioni di varia lunghezza e impegno, all'inizio di sicuro anche con la neve, volte a raggiungere i migliori punti di ripresa per scattare veri e propri "ritratti" delle cime più e meno note dell'Appennino.

Seguiteci nei prossimi mesi sul mio blog, sui profili facebook, sulla pagina facebook di StenopeiKa e soprattutto su una nuova pagina facebook che verrà creata all'approssimarsi della partenza ufficiale del progetto.
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Monte Terminillo tra passato e futuro.

11/8/2016

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Il Terminillo è la montagna più conosciuta nella Capitale, e infatti è nota anche come “La montagna di Roma”. Il suo versante occidentale è chiaramente visibile dalla città e circa un’ottantina di km di Salaria più un po’ di curve la separano dai condomini romani. Dall’alto dei suoi 2217 m domina la conca reatina ed essendo relativamente isolato rispetto agli altri gruppi montuosi dell’Appennino Centrale, dai suoi pendii si gode un panorama eccezionale. Se fino agli anni ’20 del 900 si poteva raggiungere solo tramite sentieri o a dorso di mulo, è con la visita di Mussolini che, negli anni ’30, inizia la “colonizzazione” per fini turistici, con la costruzione della strada e poi, nel 1940, delle piste da sci e della funivia. Il periodo d’oro è quello che va dagli anni ’50 agli anni ’70, quando diventa un vero e proprio punto di riferimento per il turismo estivo ed invernale per il centro Italia ed è frequentato anche da molte personalità di rilievo del mondo politico e dello spettacolo. Il declino inizia negli anni ’80, per mancanza di investimenti e per la concorrenza sempre più forte delle stazioni sciistiche abruzzesi, che sono ora raggiungibili molto più agevolmente grazie alla costruzione dell’autostrada Roma-L’Aquila. La situazione non è cambiata nell’ultimo periodo, gli impianti sciistici sono ormai obsoleti (si pensi che la funivia è ancora quella del 1940) e i numerosi condomini, alberghi e ville che sono nati negli anni del boom sono ormai quasi sempre vuoti se non abbandonati. Ci sono progetti di ampliamento volti a collegare le piste del versante Reatino con quelle di Leonessa, ma, come succede a tante cose italiane, tutto rimane sospeso per anni. 

È con queste informazioni in mente che mi sono avvicinato assieme all’amico fotografo Roberto Mirulla per una prima “esplorazione” fotografica del Terminillo. In realtà ci ero già passato diverse volte, ma la forma mentis con cui arrivavo era sempre quella dello sci alpinismo o del trekking, quindi gli aspetti socio-architettonici e la ricerca fotografica in senso lato non avevano mai attirato la mia attenzione. Ora però è tutto diverso. Anche gli strumenti sono cambiati. Con la Linhof Technika 4x5” e la Rolleiflex ho iniziato un nuovo percorso di conoscenza di questi luoghi.

La tiepida giornata di autunno inoltrato mi ha regalato emozioni contrastanti: paesaggisticamente parlando il posto era e rimane magnifico. Le grandi faggete che coprono i fianchi della montagna cedono gradualmente il posto ai pascoli e poi ai pendii via via più brulli verso la cima. La strada sale tortuosa regalando viste magnifiche verso ovest sulle dorsali montuose fino alla città che si perde nella foschia. Bello, ma, certo, questo era già così prima dell’antropizzazione, che poi è quello che mi interessa veramente. Ecco quindi che si arriva prima a Pian dé Valli e poi a Campoforogna. Ecco i grandi residence e condomini, ecco le ville più o meno eleganti perse tra gli alberi. Le piazzette, qualche negozio, la vecchia funivia e la grande chiesa di San Francesco. Sembra di fare un viaggio indietro nel tempo negli anni ’60. Sacche del periodo d’oro resistono accanto a palesi decadenze e timidi rinnovamenti. Si percepiscono le origini ante guerra, ci si perde nel marasma della speculazione del dopo guerra e poi... Nulla. Poi una troncatura, uno hiatus come direbbe un geologo. In effetti sembra di essere in una specie di limbo, una sorta di riedizione nostalgica degli anni che furono. Un po’ di gente c’è (è domenica). L’autunno certo non è da nessuna parte il momento del pienone, ma è indubbio che qui i tempi d’oro sono passati.  Salendo verso gli ultimi condomini più alti il discorso non cambia, anzi, c’è anche la diruta e assurda Villa Chigi (che i nostalgici chiamano “di Mussolini)”, però fa un certo effetto vedere il grande campo di atletica ben tenuto e curato. Forse qualcosa si muove e nel complesso tutto ciò che è di antropico non disturba neanche troppo, anzi interessa per quello che è e che ha rappresentato. Un momento della storia della nostra nazione in cui c’era una spinta che oggi dovremmo ritrovare, certo orientandola in altre direzioni magari, ma di cui avremmo un gran bisogno.
​

Torno da questo primo viaggio con tre scatti su pellicola piana e un rullo 120. Ho scelto il bianco e nero per questa volta, mi interessava iniziare con una analisi più formale ed estetica. Ma ci torneremo presto, anche con la neve. ​

Terminillo.net
Terminillo su Wikipedia
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La chiesa di San Francesco al Terminillo (Pian dé Valli), costruita tra gli anni '50 e '60 del 1900. Linhof Technika IV 4x5", pellicola TMax100, lente Super-Angulon 90mm.
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Villa Chigi al Terminillo, costruita negli anni '30 del 1900 ed oggi in abbandono. Numerosi i progetti di recupero, per ora senza esito. Linhof Technika IV 4x5", pellicola TMax100, lente Super-Angulon 90mm, filtro giallo 12.
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L'ingresso di Villa Chigi al Terminillo, con splendido panorama verso sud. Linhof Technika IV 4x5", pellicola TMax100, lente Super-Angulon 90mm.
Segue una piccola galleria di immagini realizzate con fotocamera Rolleiflex 3.5F su pellicola Iford FP4+
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini in grande formato.

10/19/2016

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Dopo la prima esplorazione della Casa Sperimentale dell'architetto Giuseppe Perugini, di cui vi ho reso conto in un recente post del blog, sono tornato in compagnia di due amici per una sessione fotografica in grande formato e per uno studio preliminare di un progetto espositivo a cui stiamo lavorando e di cui sentirete, spero presto, notizie.
Per ora vi presento quattro foto, due in bianco e nero e due a colori, scattate su pellicola 4x5" (10x12cm) con l'amata Linhof Technika IV e obiettivi Super-Angulon 90mm e 65mm. Come potete vedere si tratta di immagini di analisi e documentazione, con cui cerco di rappresentare gli spazi interni ed esterni di questa mutevole struttura. Ho scelto di scattare sia a colori che in bianco e nero perché quest'ultimo ritengo permetta un'analisi più precisa dei volumi e della luce, mentre il colore è doveroso visto l'uso del rosso sia all'interno che all'esterno della casa. Entrambi i tipi di pellicole sono in questo caso funzionali allo scopo degli scatti.
Rimane, dopo questa seconda visita, il rammarico per le condizioni in cui versa la "Casa Sperimentale". La speranza è che si riesca a trovare una finalità, magari in linea con le intenzioni dell'architetto, per questi spazi. Noi ci proveremo con il nostro progetto!
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, vista dall'ingresso. Linhof Technika, pellicola TMax 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, interno. Linhof Technika, pellicola Ektar 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, interno. Linhof Technika, pellicola TMax 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, vista dell'esterno, con la "piscina", la scala rossa di accesso e le strutture portanti. Linhof Technika, pellicola Ektar 100, obiettivo Super-Angulon 90mm.
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Primo contatto con la New55 PN: l'analogico è più vivo che mai!

10/3/2016

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"Real photography, without a darkroom". Così recita il motto dell'azienda americana New55 Film, di cui vi descrivo oggi uno dei prodotti più interessanti: la New55 PN, pellicola istantanea negativo-positiva 4x5" (10x12cm).

C'era una volta la Polaroid Type 55, pellicola istantanea di tipo "peeling" che produceva una stampa positiva ed un negativo di alta qualità, grana fine e ricchezza di dettagli, che poteva essere stampato a contatto o ingrandito. Una pellicola eccellente la Type 55, che per di più permetteva, senza la necessità della camera oscura, di ottenere positivo e negativo nel giro di pochi minuti. Potete immaginare lo sconforto dei tanti appassionati di questo materiale che uscì di produzione nel 2008 a seguito della bancarotta della Polaroid.

Nel 2010 un gruppo del Massachussetts annuncia l'inizio della ricerca volta alla produzione di una nuova pellicola tipo 55, la New55 appunto. La produzione del nuovo materiale, dopo una campagna su Kickstarter, inizia nel 2015. Ho avuto modo di provarla nei giorni scorsi, e sono qui a raccontarvi e mostrarvi i risultati.

La New55 PN è una pellicola istantanea negativo-positiva in bianco e nero per ora disponibile nel formato 4x5". Si tratta, come detto, di una pellicola peeling, in cui, dopo lo sviluppo, il positivo si separa manualmente dal negativo (si stacca letteralmente). Si usa con tutte le fotocamere 4x5" dotate di "international back" (praticamente tutte dagli anni '50 in poi), ed è necessario il Polaroid 545 film holder, ovvero una cartuccia metallica con un sistema di rulli che serve ad esporre e poi a sviluppare la pellicola. Gli holders si trovano usati su internet molto a buon mercato. La sensibilità della pellicola è ISO 50 ed il tempo di sviluppo è di 2 minuti. In pratica dopo lo scatto si estrae la cartuccia dall'holder, si aspettano i 2 min e poi si procede al peeling. Il positivo si fa asciugare, mentre il negativo va fissato in una soluzione di Ilford Rapid Fixer 1+1 per due/tre minuti e poi sciacquato. La cosa grandiosa è appunto che in pochissimo tempo e senza alcuna necessità di essere al buoi si ottiene un stampa a contatto ed un negativo di alta qualità. Qui sotto vedete i miei primi scatti, di cui parliamo di seguito.
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Ritratto di Elisa, scansione del negativo. Luce diurna (ombra piena).
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Ritratto di Elisa, scansione della stampa istantanea (positivo).
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Still-life, luce mista principalmente artificiale, scansione del negativo.
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Vista su Roma, scansione del negativo. Macchie dovute ai rulli sporchi. Scansione del negativo.
Le prime due foto sono il risultato di un ritratto a mia moglie Elisa, scattato in luce diurna (ombra piena). A sinistra vedete la scansione del negativo, a destra la stampa positiva. Notate innanzi tutto il tipico bordo sfrangiato dell'immagine, dal sapore decisamente vintage! Mentre la stampa è molto morbida e ha una tonalità seppia, il negativo è di alta qualità, con grana fine e ricchezza di dettagli. Nelle altre due foto uno still-life di alcune bottiglie in luce artificiale ed un paesaggio urbano, in entrambi i casi sono le scansioni del negativo. Quella sorta di "nebbia" che copre il cielo nel paesaggio urbano è dovuto alla sporcizia rimasta sui rulli dell'holder dopo la prima foto.

Ed ecco le mie considerazioni. Era la prima volta che scattavo con questo tipo di materiale e quindi ho scontato sulla mia pelle i classici errori dei principianti. Su un totale di 5 ho buttato due cartucce: nella prima per un errore in fase di esposizione e la seconda perché la clip metallica che tiene chiusa la confezione si è sfilata ed il negativo ha preso luce. Del ritratto sono molto soddisfatto, il negativo è di alta qualità e facile da ottenere. La stampa è forse fin troppo morbida, ma ha un sapore davvero d'epoca che può essere un valore aggiunto. Alcune raccomandazioni: maneggiate con molta attenzione le cartucce perché la clip metallica si può aprire facilmente. Al momento dello scatto, quando estraete la dark slide come da istruzioni (guardate questi rapidi video per carpire), fate attenzione a non sfilarla del tutto. Il momento topico è quello dell'estrazione della cartuccia per svilupparla: il movimento deve essere continuo e non troppo rapido per spargere bene i chimici. Quando sciacquate il negativo tenete conto che l'emulsione è estremamente delicata, quindi occhio ai graffi e non mettetela mai sotto il getto diretto del rubinetto, potreste rovinarla. Tenete sempre molto ben puliti i rulli dell'holder, o lo sviluppo può essere disomogeneo con presenza di chiazze e macchie.

Per concludere, veramente una cosa positiva per chi ama l'analogico che ci siano piccole aziende che reinventano materiali di qualità come questi. Il problema sono sempre i costi, veramente molto alti (75$ per una confezione da 5 cartucce!!), ma tutto ciò è la prova che il mercato dell'analogico è più vivo che mai! È già in fase di sperimentazione una pellicola colore (solo positiva, senza negativo) sempre 4x5" e l'azienda produce altri interessanti articoli!
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Il Parco Eolico di Collarmele

9/6/2016

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Il Parco Eolico di Collarmele. Scatto realizzato in grande formato su pellicola Kodak TMax 100.
In Abruzzo, nel territorio dei due piccoli comuni di Collarmele e Cerchio, già Parco Regionale Velino-Sirente, è stato realizzato a partire dal 1998 quello che oggi è uno dei più grandi parchi eolici d'Italia. Non può fare a meno di notarlo chi percorra la A25 Torano-Pescara, che passa solo poche decine di metri più in basso rispetto alle bianche pale eoliche, sparse sulla larga e brulla dorsale di monti dello spartiacque tra la Piana del Fucino nella Marsica e la parte più esterna della conca Peligna. Le piccole torri monopala iniziali sono state sostituite negli anni da macchine più moderne e potenti, che ora assicurano una produzione di energia elettrica sufficiente al consumo di 50.000 famiglie.

Negli anni ho involontariamente seguito l'evoluzione di questa installazione nei miei spostamenti in auto per andare sui monti. Ho invece badato poco all'immancabile dibattito che ha suscitato questa iniziativa, di cui peraltro il Parco è uno degli enti promotori. Devo dire che mi interessa pochissimo la diatriba sugli eventuali danni alla fauna locale, specie all'avifauna, e ancor meno la discussione sull'estetica delle pale.  Questo perché sono in linea di massima un deciso sostenitore dei sistemi di produzione di energia pulita e rinnovabile. Essendomi specializzato in geologia degli idrocarburi (cioè l'esatto opposto) ed avendo nel mio percorso universitario studiato anche un altro affascinante sistema di produzione di energia rinnovabile come la geotermia, credo di possedere le conoscenze per giudicare con un minimo di criterio. Credo fermamente invece che spesso chi parla di queste cose, sia a favore che contro, lo faccia senza conoscenze e con buona parte di ideologia.

Ma, devo ammettere, anche io non essendo mai stato prima letteralmente ai piedi di una pala eolica, non potevo dire di giudicare con assoluta onestà. Quindi, ora che sono un fotografo, mi è sembrato doveroso prendere un contatto ravvicinato con questi giganteschi mulini a vento. Così eccomi qui a raccontarvi per immagini e parole le mie sensazioni. Come detto, il parco eolico sorge su una larga, articolata e brulla dorsale montuosa, con quote che arrivano massimo sui 1400-1500m. Si tratta della zona più depressa della lunghissima catena montuosa che inizia a nord con il Monte Sirente e continua più a sud, nel Parco Nazionale d'Abruzzo, con la Montagna Grande e finisce con il Monte Marsicano. Una zona di confine tra versante adriatico e la conca interna del Fucino, quindi sempre molto ventosa. La vocazione storica di quest'area è sempre stata l'allevamento (ovini e bovini) e un poco di agricoltura d'alta quota.

L'escursione che ho fatto mi ha permesso, partendo da un vecchio fontanile, di percorrere un giro ad anello andando letteralmente a toccare con mano le strutture metalliche che sostengono le pale. Le emozioni che ho provato sono contrastanti. Meraviglia e soggezione per questi giganti, veramente bisogna avvicinarsi per capire quanto sono grandi; felicità nel vedere il movimento continuo che genera elettricità in modo totalmente pulito; un po' di ansia nel sentire il sibilo del vento sulle superfici che sfrecciano veloci; divertimento nel vedere l'ombra delle pale saettare sull'erba secca. L'impatto di queste strutture sul paesaggio è visivamente innegabile, specie qui in Italia dove siamo poco abituati a vedere manufatti che non siano strutture abitative o industriali. L'allevamento non è in nessun modo limitato, dato che che non c'è alcuna recinzione sotto le pale e prova ne è l'abbondanza di escrementi in tutta l'area. La sensazione più "negativa" mi è stata chiara solo quando mi sono fermato in una zona senza torri eoliche. Una parentesi del classico paesaggio abruzzese e ho capito: era quel continuo movimento e quel sibilo che mi aveva causato un po' di inconsapevole ansia. Ma la sensazione è durata poco, troppo più importante il risultato: energia pulita e rinnovabile all'infinito. Devo poi dire che questa sensazione si ha solo nelle immediate vicinanze delle torri, mentre svanisce presto quando le si guarda da lontano.

La conferma del mio giudizio positivo l'ho avuta nel paese di Collarmele. Completamente distrutto dal terremoto del 1915 e ricostruito, oggi è un piacevole centro pulito e curato, decisamente sopra la media dei paesi limitrofi. Ciò è dovuto anche ai soldi che arrivano nelle casse comunali dalla società che gestisce il parco eolico e con cui si sono potuti costruire parchi giochi per i bambini, mettere i fiori, pulire le facciate delle case e curare la manutenzione. Certo il paese è abitato solo da anziani, ma questa è un'altra storia. Concludo quindi con un giudizio personale positivo, che rafforza la mia convinzione sulla necessità dell'uso sempre maggiore di questi sistemi. L'impatto complessivo, al netto del giudizio personale sull'estetica delle torri, è limitato e comunque meglio "consumare" territorio così che continuare a cementificarlo come abbiamo fatto troppo e male. Infine, prima di giudicare, invito chiunque a farsi un giro sotto questi giganti. Poi ne parliamo.
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La Vela di Calatrava a Roma, impressioni e considerazioni.

8/30/2016

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 La Città dello Sport o "Vela" dell'architetto Santiago Calatrava è una delle grandi opere incompiute legate ai mondiali di nuoto che si sono svolti a Roma nel 2009.  Non mi dilungo sulla cronistoria di questa vicenda, per cui vi rimando alla pagina di Wikipedia e relativi riferimenti. Quelli che seguono sono i miei pensieri (e le immagini) dopo questa che è stata la prima esplorazione. Altre foto le trovate nella gallery pubblicata qualche tempo fa qui sul mio sito.

È un classico giorno caldo e soleggiato di inizio agosto quando, con il collega fotografo Lorenzo Lattanzi, decidiamo di andare in esplorazione della mitica "Vela". Prima dell'arrivo sul posto siamo tranquilli. Non sappiamo le condizioni, se ci sia o meno vigilanza, se riusciremo o no ad entrare, ma non ci preoccupa, al massimo cambieremo soggetto, concentrandoci sull'interessate realtà urbana dei quartieri circostanti. Parcheggiamo la macchina vicino all'ingresso principale, con tanto di cartello ormai illeggibile a causa del tempo, che accoglie i visitatori alla Città dello Sport di Santiago Calatrava LLC. Cancelli chiusi, una discarica abusiva di frigo usati davanti ad uno dei varchi e tanto abbandono. Troviamo subito un'apertura nella recinzione e siamo dentro, passando accanto ai container che dovevano essere gli uffici di parte del personale di cantiere. Superata una seconda recinzione siamo ormai al cospetto della gigantesca struttura. Passiamo accanto al gabbiotto del vigilante, deserto, ed entriamo.

Quello che segue è una sintesi di quanto visto e sentito: struttura enorme, dalle affascinanti forme "animalesche" per il chiaro riferimento a strutture ossee animali; le vele sono due, ma la prima è molto più indietro, solo la struttura in cemento armato è completa; il piano in terra pieno di erbacce e tracce di pneumatici sembra più l'arena di una gara di autoscontro che una futura piscina; rumori e presenze, alcuni operai al lavoro, più che altro per la manutenzione di quanto fatto; la pancia della balena, struttura di congiunzione delle due vele, colpisce per l'immensità e la forza della struttura portante, ma al tempo stesso è disordinata e incompleta; la seconda vela è in uno stato più avanzato di lavoro, sembra quasi di poter vedere le lastre di vetro sulla struttura di sostegno metallica; al tempo stesso se la prima mi era sembrata come uno scheletro questa mi sembra come un animale scuoiato, di cui sto osservando i muscoli privi della cute; pochi i tag e i murales, bella la vista dai piani superiori cui si accede con scale illuminate da luci che ci accendono automaticamente al passaggio; abbandono e presenza, sensazioni contrastanti; i piani interrati sono al tempo stesso affascinanti e misteriosi, bui, ma si gira un interruttore ed ecco la luce; altre volte sostenute da gigantesche costole, corridoi e botole piene d'acqua.

Siamo di nuovo fuori dopo un paio d'ore. Cerco di fotografare la struttura da una certa distanza, per contestualizzarla, ma non è facile, si perde tra le erbacce e i cumuli di terra e pietre. Tornerò per approfondire questo aspetto, di sicuro ci vuole un punto di vista più alto. Che dire, tanti soldi spesi, tantissimi ne servirebbero per finire. Un contesto urbano circostante che spazia dalle strutture dell'Università di Tor Vergata, vecchi palazzi anni 80' (?), nuove costruzioni e campi incolti. La Roma-Napoli è lì, il GRA anche. Ma qui? Cosa fare di quello che è già costruito e di quello che manca? Buttare giù? Completare? Riconvertire? Lasciare così come ennesimo esempio, si spera l'ultimo, di speculazione, malaffare, malgestione, mancanza di lungimiranza ecc ecc? Questo non sta a me dirlo, io faccio il fotografo, e cerco di realizzare immagini il più possibili acritiche, ma che facciano riflettere. Di sicuro per me è stata solo una prima presa di contatto, il gigante è complesso e c'è tanto da approfondire e da fotografare!
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La prima delle due "Vele", quella ad uno stato più avanzato di costruzione, con la volta metallica che doveva sostenere le lastre di vetro. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal, filtro giallo 12.
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La seconda "Vela", in uno stato più arretrato di costruzione, in sostanza con la sola struttura in cemento armato. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal, filtro giallo 12.
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Questo è il vero e proprio nucleo della struttura, la "pancia della balena", zona di congiunzione delle due vele. Un lunghissimo spazio ancora il lavorazione. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal.
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Sulle Dolomiti in grande formato

8/16/2016

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Vi presento questi tre scatti eseguiti in grande formato 10*12cm (4x5") nella bellissima area delle Dolomiti di Sesto, in Alto Adige.  Sono tre fotografie di cui sono abbastanza soddisfatto, soprattutto della prima, quella che ritrae il versante nord delle celeberrime Tre Cime di Lavaredo. La mia soddisfazione non sta tanto (o non solo) nella bellezza delle immagini, quanto nel fatto che rappresentano un progresso nel mio approccio alla fotografia analogica, che si sta sempre più spostando dal medio al grande formato.

Dietro un singolo scatto come questi infatti c'è molto lavoro, dal caricamento delle pellicole piane negli chassis nel buio più totale, al peso e complessità dell'attrezzatura, a tutta una serie di passaggi obbligati che occorre seguire durante le fasi di scatto e dopo di esso, rischiando anche saltandone uno solo di gettare alle ortiche tutto il lavoro, fino allo sviluppo finale in camera oscura. Capite bene che scattare in questo modo con successo può regalare grandi soddisfazioni e richiede molta attenzione, cosa che ritengo di grande aiuto per ottenere i risultati migliori. Inoltre, come ho avuto modo già di scrivere in un altro post a proposito del paesaggio, il grande formato ha come peculiarità una "qualità" dell'immagine, intesa come fedeltà complessiva alla scena "reale", veramente eccezionale.

Per chi è interessato ai dettagli, ho scattato con una Linhof Technika IV e ottica Nikkor 150mm o 210mm. Ho usato sempre un filtro giallo (n°12) per scurire leggermente il cielo e dare una miglior resa complessiva alle diverse tonalità di grigio. Tutti gli scatti sono stati eseguiti con la fotocamera su treppiede. Per calcolare l'esposizione ho usato un esposimetro esterno, usato in modalità spot con angolo di lettura di 5°. Ho sempre calcolato la luminanza delle varie aree del soggetto, cercando di porre le porzioni più scure non al di sotto della zona III, ovvero due stop sotto il grigio medio.

​Andiamo avanti, pensando sempre più in Grande ;-)
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La parete nord delle Tre Cime di Lavaredo (Drei Zinnen) viste dal Rifugio Locatelli - Innerkofler. Pellicola Iford Delta 100 sviluppata in Rodinal. Questo è lo scatto di cui sono più fiero perché mi è costato 1000m di dislivello in una caldissima giornata estiva!
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Le Tre Cime di Lavaredo (Drei Zinnen) viste dal Lago di Misurina. Pellicola Iford Delta 100 sviluppata in Rodinal.
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La Croda Rossa di Sesto e la Cima Undici (tra le nuvole) viste da Waldheim (Sesto - Sexten). Pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal.
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La fotografia come analisi e documentazione del Paesaggio

8/1/2016

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Vi presento due scatti dal soggiorno sulle Dolomiti di Sesto del giugno scorso. Due scatti in grande formato (10*12cm) su pellicola a colori Ektar 100. Due "Cartoline", come le intendo io, in cui sono rappresentati il Rifugio Locatelli - Innerkofler con il Monte Paterno sullo sfondo in una, e la Val Campo di Dentro (Innerfeldtal) con il Monte Mattina al centro nell'altra. Di sicuro non sono foto di grande impatto estetico e devo dire che avrei potuto fare di meglio. Mi danno comunque la possibilità di esprimere il mio pensiero riguardo la fotografia di paesaggio.

Di fatto io nasco come ricercatore scientifico e quindi non posso fare a meno di pensare la fotografia come un eccezionale strumento di analisi del territorio, cosa che facevo prima raccogliendo dati e campioni di rocce. Ora vado in giro con la fotocamera e raccolgo immagini del mondo che mi circonda. Ritengo che tutto sia degno di essere fotografato, ammesso che si abbia qualcosa da dire, ma al tempo stesso, circondati come siamo di immagini che tendono spesso a rappresentare, nella foto di paesaggio, solo le cose belle o solo il bello delle cose, sono portato spesso a fotografare ciò che è normalmente ritenuto meno interessante, ordinario, non brutto ma magari insignificante, o ancora a ritrarre cose ritenute universalmente belle in modo normale e senza fronzoli.

Troppo spesso infatti certa foto paesaggistica tende ad esaltare una scena con la luce "giusta", i colori al massimo del fulgore, contrasto, chiarezza, vignettatura, cromatismi artificiali, ecc. Insomma si imbottiscono le immagini di sovrastrutture che, se a volte possono essere apprezzabili, di notevole impatto e ovviamente veicolano al massimo l'esaltazione dell'estetica di un luogo, altre volte invece sono eccessive e controproducenti in quello che dicevo prima dovrebbe fare una buona foto di analisi del paesaggio: descriverlo per quello che è "normalmente". Per fare questo, ovviamente ammesso che sia il nostro obiettivo, non serve caricare le immagini con chissà quali artifici, basta accostarci ad una scena con occhio attento e osservare ciò che ci circonda. I dati scientifici vanno raccolti senza preconcetti o modelli già in testa, altrimenti si pecca di poca onestà intellettuale e si tende a forzare il dato a rappresentare il modello che si ha in testa. La fotografia, per carità, non deve sottostare a queste regole, viva la libertà espressiva. Però credo che un'immagine libera di troppi fronzoli permetta una riflessione ed una analisi più attenta e oggettiva della scena rappresentata. In questa mia idea la fotografia analogica in grande formato è la compagna ideale! La ricerca continua!
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Si arriva al limitare di questo splendido pascolo dopo una breve ma faticosa (specialmente con un banco ottico sulle spalle!) salita tra bassi alberi e arbusti che lottano contro le rocce e le valanghe che scendono dalle scabre e altissime pareti della Cima dei Tre Scarperi.
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Il Monte Paterno fu uno dei grandi teatri della Prima Guerra Mondiale lungo in fronte Italo-Austriaco. Un secolo fa italiani ed austriaci si confrontavano aspramente tra gallerie, percorsi attrezzati e trincee. Nel tentativo di trovare una via alternativa alla cima morì la grande guida alpina austriaca Sepp Innerkofler.
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Un pomeriggio di lavoro a Ronciglione: ecco i risultati!

1/25/2016

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Cari amici, vi presento alcuni dei risultati dei ritratti eseguiti il 19 dicembre scorso a Ronciglione utilizzando la mia amata Linhof Technika III 5x7" e pellicola Fomapan 400. La sessione fotografica ha avuto luogo presso lo spazio polifunzionale di Iterland Agenzia di Comunicazione. Devo dire che sono soddisfatto dei risultati, così come lo sono stati i soggetti ritratti. Per tutti gli interessati, sono felice di informarvi che sarò nuovamente all'opera sempre con la Linhof e sempre presso Iterland domenica 7 febbraio, nella splendida cornice del carnevale di Ronciglione. Non perdete l'occasione, magari per farvi fare un ritratto in maschera! Per chi proprio non potrà esserci, vi ricordo che sono a disposizione per scattare ritratti "d'epoca" sia presso il mio studio che a domicilio. Non esitate a contattarmi.
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