GIULIO SPERANZA PHOTOGRAPHY
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Una foto per un'analisi del territorio.

9/9/2016

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Della fotografia come analisi e descrizione del paesaggio ho già parlato in un altro post. Qui vi presento un esempio sul tema, o una variazione se volete, mostrandovi come una foto, una di numero, possa essere utile ad una valutazione, come in questo caso, della qualità e quantità di utilizzo del suolo in una data area. Tema quasi scientifico in effetti, ma in realtà denso di significati.

​Prima di tutto, il dove siamo: Valle dell'Aterno, non lontano dall'Aquila, tra i comuni di Fossa e Poggio Picenze. Poi il quando: luglio 2016. Aggiungo un "da dove" (è stata scattata la foto): bordo della rupe del Castello d'Ocre. Ok, gli elementi base ora li conosciamo. Vediamo di approfondire con le immagini della gallery che vedete in alto.

Queste fotografie ci danno una descrizione asettica e impersonale (acritica dovrei dire) della zona e ci permettono di fare alcune valutazioni. A quanto pare abbiamo a che fare con un'area a vocazione agricola, non sappiamo cosa si coltivi dato che c'è già stata la raccolta, ma presumibilmente grano. Area per lo più pianeggiante, se si eccettua il pendio in lontananza coperto di alberi e arbusti e il punto di scatto della foto (decisamente in alto rispetto al piano). Non è una foto aerea, questo ve lo dico io. Accanto all'agricoltura sembra stiano prendendo piede anche alcune attività industriali. Non è dato sapere da quanto tempo vi siano qui attività di questo tipo, ma di certo il consumo del suolo per questo fine sta procedendo a grandi passi, come si nota dal grande capannone in costruzione e da altri terreni in preparazione. In effetti, se si eccettuano i versanti montuosi in fondo, l'utilizzo del suolo per gli scopi appena citati è pressoché totale.

Veniamo ora alle considerazioni sui centri urbani. Se ne vedono in lontananza, ma sono troppo distanti per una valutazione oggettiva. Vediamo prima di tutto il più vicino. Si tratta di un borgo apparentemente antico, bei tetti, torre e vecchia cinta muraria, chiesa e piazza. Si tratta del paese di Fossa. Se ci soffermiamo un po' ad osservare, notiamo due cose: non c'è praticamente nessuno, né macchine né persone. Il fianco della chiesa è puntellato. Aha, ma è vero, qui 7 anni fa c'è stato un forte terremoto, certo. Difficile valutare la situazione del paese da qui, ma qualche indicazione l'abbiamo avuta. Proseguendo si nota il piccolo agglomerato di Cerro. Un gruppo di casette ordinate e qualche costruzione più vecchia. Di quando saranno le casette? Prima o dopo il terremoto? Forse prima, data la dimensione delle piante nei giardini, ma non è detto, difficile dire. Anche qui in pratica nessuna macchina. Proseguendo ancora si può osservare un altro nucleo. Questo si sembra fatto di casette post-sisma, quasi dei MAP. Più altre strutture che fanno pensare alla ricostruzione (o meglio alla costruzione). Qui invece di macchine ce ne sono eccome, quindi una zona residenziale discretamente abitata, Forse da quelli di Fossa?

E ovviamente si potrebbe proseguire! E pensare che tutto ciò si può desumere in base ad una sola foto, di cui le immagini in alto non sono altro che dei dettagli. Magari se date questo materiale ad un botanico vi dice che alberi ci sono, ad un architetto che vi dirà lo stile delle abitazioni ecc. Insomma tutto ciò per dire che un'immagine scattata con criterio può essere una inesauribile fonte di informazioni. In questo senso l'uso del grande formato dà quella ricchezza di dettagli e precisione formale che è ideale in casi di studio come questi.
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La valle dell'Aterno vista dal Castello d'Ocre. Linhof Technika IV, pellicola Ektar 100, obiettivo da 150mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini

9/9/2016

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La Casa Sperimentale dell'architetto Giuseppe Perugini venne realizzata alla fine degli anni '60 assieme alla moglie Uga de Plaisant e al figlio Raynaldo. Non mi soffermo sulle considerazioni architettoniche, di cui so poco e per cui vi rimando a questo articolo. Vorrei invece descrivere le mie sensazioni dopo questa prima visita, cui ne seguiranno di sicuro altre.

Questa estrosa struttura è seminascosta tra la vegetazione nella parte più interna di Fregene, circondata di stradine su cui affacciano classiche villette di un centro urbano vicino al mare. La prima cosa che si nota è il muro di cinta, convesso verso l'esterno e costituito da un mix di cemento e acciaio dipinto di rosso. Una volta entrati senza problemi dal cancello ho subito notato l'abbondanza di immondizia, frutto principalmente della frequentazione "clandestina" del luogo. Ergo abbandono e incuria. Subito sulla sinistra c'è una bassa costruzione in cemento e acciaio rosso con due porte concave che, se non fossero chiuse a chiave, ruoterebbero su se stesse aprendosi. Poi ecco la casa, molto più piccola di come la immaginavo, occhieggiare tra i rami dei lecci. E accanto, sulla destra, una sfera, con finestra/porta di ingresso circolare che sembra il modulo di atterraggio di una qualche navicella spaziale. Mi ha colpito molto la dicotomia tra le travi in cemento armato e le forme cubiche ossessivamente riproposte fuori e dentro la struttura da un lato e questi moduli circolari o ellittici appesi all'esterno o buttati là nel giardino dall'altro. A proposito del dentro, l'interno non è meno interessante dell'esterno. Vetro, cemento e acciaio dipinto di rosso la fanno da padroni. Gli ambienti ellittici di cui parlavo poc'anzi non sono altro che i bagni, cui si accede con spassose porte circolari che ruotano sulla verticale, lasciando vedere il water e il bidet piazzati in posizione opposta rispetto ad un cerchio rosso sul pavimento. Fantastico. Piccole scale superano i dislivelli degli ambienti interni. Tag e qualche murale. Un gruppo di ragazzi nel frattempo registra un video musicale suonando dal vivo, chitarra e basso, mentre un signore in bmw con figlia al seguito si ferma e ci chiede imbarazzato se può entrare a fare delle foto. Scendendo la scala, ovviamente rossa, con cui si sale alle stanze si torna in giardino dove, esattamente sotto i moduli sospesi sui pilastri, c'è quella che doveva essere una piscina, ora cimitero di acqua verdastra brulicante di zanzare per giocattoli, bottiglie, una tastiera e chissà cos'altro.

Struttura complessa, che occorre un po' di tempo per digerire, che chiede a gran voce di non essere abbandonata, di trovare una nuova vocazione. Museo? Spazio espositivo? Non so, opera d'arte di per sé, probabilmente da reinterpretare. Ci penseremo. E ci torneremo per fare altre foto. Questo è solo l'inizio!
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Il Parco Eolico di Collarmele

9/6/2016

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Il Parco Eolico di Collarmele. Scatto realizzato in grande formato su pellicola Kodak TMax 100.
In Abruzzo, nel territorio dei due piccoli comuni di Collarmele e Cerchio, già Parco Regionale Velino-Sirente, è stato realizzato a partire dal 1998 quello che oggi è uno dei più grandi parchi eolici d'Italia. Non può fare a meno di notarlo chi percorra la A25 Torano-Pescara, che passa solo poche decine di metri più in basso rispetto alle bianche pale eoliche, sparse sulla larga e brulla dorsale di monti dello spartiacque tra la Piana del Fucino nella Marsica e la parte più esterna della conca Peligna. Le piccole torri monopala iniziali sono state sostituite negli anni da macchine più moderne e potenti, che ora assicurano una produzione di energia elettrica sufficiente al consumo di 50.000 famiglie.

Negli anni ho involontariamente seguito l'evoluzione di questa installazione nei miei spostamenti in auto per andare sui monti. Ho invece badato poco all'immancabile dibattito che ha suscitato questa iniziativa, di cui peraltro il Parco è uno degli enti promotori. Devo dire che mi interessa pochissimo la diatriba sugli eventuali danni alla fauna locale, specie all'avifauna, e ancor meno la discussione sull'estetica delle pale.  Questo perché sono in linea di massima un deciso sostenitore dei sistemi di produzione di energia pulita e rinnovabile. Essendomi specializzato in geologia degli idrocarburi (cioè l'esatto opposto) ed avendo nel mio percorso universitario studiato anche un altro affascinante sistema di produzione di energia rinnovabile come la geotermia, credo di possedere le conoscenze per giudicare con un minimo di criterio. Credo fermamente invece che spesso chi parla di queste cose, sia a favore che contro, lo faccia senza conoscenze e con buona parte di ideologia.

Ma, devo ammettere, anche io non essendo mai stato prima letteralmente ai piedi di una pala eolica, non potevo dire di giudicare con assoluta onestà. Quindi, ora che sono un fotografo, mi è sembrato doveroso prendere un contatto ravvicinato con questi giganteschi mulini a vento. Così eccomi qui a raccontarvi per immagini e parole le mie sensazioni. Come detto, il parco eolico sorge su una larga, articolata e brulla dorsale montuosa, con quote che arrivano massimo sui 1400-1500m. Si tratta della zona più depressa della lunghissima catena montuosa che inizia a nord con il Monte Sirente e continua più a sud, nel Parco Nazionale d'Abruzzo, con la Montagna Grande e finisce con il Monte Marsicano. Una zona di confine tra versante adriatico e la conca interna del Fucino, quindi sempre molto ventosa. La vocazione storica di quest'area è sempre stata l'allevamento (ovini e bovini) e un poco di agricoltura d'alta quota.

L'escursione che ho fatto mi ha permesso, partendo da un vecchio fontanile, di percorrere un giro ad anello andando letteralmente a toccare con mano le strutture metalliche che sostengono le pale. Le emozioni che ho provato sono contrastanti. Meraviglia e soggezione per questi giganti, veramente bisogna avvicinarsi per capire quanto sono grandi; felicità nel vedere il movimento continuo che genera elettricità in modo totalmente pulito; un po' di ansia nel sentire il sibilo del vento sulle superfici che sfrecciano veloci; divertimento nel vedere l'ombra delle pale saettare sull'erba secca. L'impatto di queste strutture sul paesaggio è visivamente innegabile, specie qui in Italia dove siamo poco abituati a vedere manufatti che non siano strutture abitative o industriali. L'allevamento non è in nessun modo limitato, dato che che non c'è alcuna recinzione sotto le pale e prova ne è l'abbondanza di escrementi in tutta l'area. La sensazione più "negativa" mi è stata chiara solo quando mi sono fermato in una zona senza torri eoliche. Una parentesi del classico paesaggio abruzzese e ho capito: era quel continuo movimento e quel sibilo che mi aveva causato un po' di inconsapevole ansia. Ma la sensazione è durata poco, troppo più importante il risultato: energia pulita e rinnovabile all'infinito. Devo poi dire che questa sensazione si ha solo nelle immediate vicinanze delle torri, mentre svanisce presto quando le si guarda da lontano.

La conferma del mio giudizio positivo l'ho avuta nel paese di Collarmele. Completamente distrutto dal terremoto del 1915 e ricostruito, oggi è un piacevole centro pulito e curato, decisamente sopra la media dei paesi limitrofi. Ciò è dovuto anche ai soldi che arrivano nelle casse comunali dalla società che gestisce il parco eolico e con cui si sono potuti costruire parchi giochi per i bambini, mettere i fiori, pulire le facciate delle case e curare la manutenzione. Certo il paese è abitato solo da anziani, ma questa è un'altra storia. Concludo quindi con un giudizio personale positivo, che rafforza la mia convinzione sulla necessità dell'uso sempre maggiore di questi sistemi. L'impatto complessivo, al netto del giudizio personale sull'estetica delle torri, è limitato e comunque meglio "consumare" territorio così che continuare a cementificarlo come abbiamo fatto troppo e male. Infine, prima di giudicare, invito chiunque a farsi un giro sotto questi giganti. Poi ne parliamo.
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