GIULIO SPERANZA PHOTOGRAPHY
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Il Bioparco di Roma

12/26/2016

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Bioparco di Roma, l'area delle tigri.
Prima di Natale sono stato con la mia famiglia al Bioparco di Roma. Mancavo da tantissimo tempo, da bambino praticamente, ed ora che mio figlio è abbastanza grande la voglia di tornarci era tanta. Conosco strettamente più di una persona che ci ha lavorato o che è un vero esperto in materia di zoo. Questo, unito alla mia formazione scientifica, mi ha fatto sempre pensare che queste strutture siano importantissime per la formazione culturale delle persone e per la ricerca scientifica e la salvaguardia degli animali.
La cattività ovviamente non è una cosa sempre piacevole per lo spettatore. Ci sono persone, che a volte comprensibilmente e onestamente, atre superficialmente o in mala fede, sono apertamente contro gli zoo, li osteggiano ed evitano accuratamente di visitarli. Secondo me, come accade per gran parte delle vicende umane, bisogna accostarsi all'oggetto del nostro interesse con un occhio il più possibile privo di preconcetti, cercando di analizzare le cose e giudicarle a ragion veduta. Quella che segue è stata la mia esperienza durante una tiepida e umida giornata di dicembre.
La storia dello zoo di Roma, ora bioparco, inizia nel 1911. Avevo sentito di condizioni abbastanza precarie anni addietro e di un rinnovamento avvenuto in tempi recenti. Complessivamente ho trovato tutto in condizioni più che buone. È vero che alcune strutture sentono il peso degli anni e andrebbero rinnovate, ma tutto era molto curato e pulito con molti operatori al lavoro dentro e fuori gabbie e recinti. Alcuni ricercatori intenti a  raccogliere dati e qualche famiglia a spasso con i bimbi ovviamente molto emozionati. Mio figlio non ha fatto eccezione: vedere dal vivo i tanti animali che aveva passato ore ad ammirare sui libri, imitandone il verso, è stato emotivamente assai intenso ed importante per lui. Dobbiamo pensiare che spesso la visita dello zoo è l'unica occasione che la maggior parte delle persone hanno per vedere specie più o meno "famose" ed "esotiche", passaggio fondamentale per la formazione di una coscienza ecologista, specialmente nei più piccoli. Questo passa anche  per il confronto con la cattività, che va presa non come simbolo della prepotenza umana nello schiacciare e schiavizzare ai suoi voleri le altre forme di vita, ma come strumento attraverso cui esemplari già nati in altre strutture, o vittime di bracconaggio e commercio illegale, malati ecc possono vivere dignitosamente, aiutando la ricerca scientifica che attraverso lo studio cerca soluzioni per la salvaguardia delle specie minacciate.
Credo che un errore che si fa spesso è quello di attribuire agli animali sentimenti umani, che cioè scaturiscono dall'uomo e che, salvo atti di fede, non possiamo sapere se propri anche di altre specie. Così, se è indubbio che ci possano essere dei disagi per gli esemplari in gabbia, bisogna credere che siano affidati alle cure di personale competente, che ne garantisca al massimo la salute le condizioni di vita migliori possibili. Dire: "che aria triste che ha quel leone" è una cosa che non aiuta oltre ad essere razionalmente sbagliata. Bisogna capire che la salvaguardia del mondo animale e della natura in generale non può prescindere dal confronto con la specie umana. Eden e paradisi perduti non esistono praticamente più nel mondo e ovunque è solo con lo studio delle necessità delle singole specie, e con il rapporto con le le società umane che inevitabilmente convivono negli habitat naturali fondamentali alla sopravvivenza di queste, che passa il futuro degli ecosistemi della Terra. In questo gli zoo, ovviamente se gestiti responsabilmente, posso essere di grande aiuto.
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Il comprensorio sciistico di Monte Cristo - Campo Nevada (Gran Sasso)

12/20/2016

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Una fredda mattina di metà dicembre lungo quelle che erano le piste e gli impianti di Monte Cristo. Linhof Technika IV 4x5", pellicola Tmax100, lente Nikkor 150mm.
Vi presento questa volta alcuni scatti relativi all'ennesima storia italiana in cui investimenti sbagliati, speculazione e abbandono si intrecciano con gli innegabili cambiamenti climatici. Il tutto in un'area oggi Parco Nazionale: gli impianti sciistici di Monte Cristo e le strutture di Campo Nevada, sul Gran Sasso in Abruzzo.

Monte Cristo è una tondeggiante prominenza montuosa alta poco più di 1900m (1928m per la precisione), posta tra Campo Imperatore e il "Piccolo Tibet" d'Abruzzo, di cui rappresenta un po' la fine verso nord-ovest. Appena più a nord si trova il Monte Scindarella, che ospita gli impianti e le piste di Campo Imperatore. Tra i due, la depressione della Fossa di Paganica con i resti della fu iniziativa edilizia di Campo Nevada. La strada che porta da Fonte Cerreto verso Campo Imperatore lambisce queste realtà prima di portare i turisti verso il famoso altipiano e le cime maggiori del massiccio.

Sugli erbosi pendii di Monte Cristo intorno agli anni '70 del 1900 erano stati messi in opera alcuni impianti di risalita, alternativa più bassa e relativamente protetta rispetto a quelli di Campo Imperatore, spesso funestati dal vento e dalle tormente. Gli impianti a fune salivano da ovest fino alla piatta cima della montagna e permettevano la discesa sul versante settentrionale fino alla Fossa di Paganica dove, collegata all'attività sciistica, era stata costruita e quasi ultimata una struttura alberghiera (anzi due).
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La vista verso sud-est dalla cima di Monte Cristo, con il piano di Campo Imperatore, il Monte Camicia sulla sinistra e in primo piano il fu skilift che saliva dalla Fossa di Paganica.
È una piacevole mattina di metà dicembre quando mi metto in marcia per un'escursione esplorativa di quest'area. Sono già stato in passato alla Fossa di Paganica, ma questa volta voglio avere un quadro più complessivo, salendo anche alla cima di Monte Cristo. Come purtroppo sta succedendo sempre più frequentemente negli ultimi anni, siamo a metà dicembre e sui monti non c'è un filo di neve. Solo qualche chiazza residua dalla modesta nevicata di novembre. Seguo una carrareccia frequentata dal bestiame che d'estate popola numeroso questi pascoli e arrivo, dopo una bella fontana, in una zona pianeggiante da cui partivano tre degli impianti del comprensorio, con relative costruzioni di servizio. Tutto ovviamente in avanzato abbandono. In una delle strutture ci sono ancora i vecchi cartelli con i nomi delle piste. Con un po' di fatica raggiungo la cima del monte, dove la fanno da padrone cavi d'acciaio arrugginiti e il vecchio skilift che saliva dall'altro versante. Peccato perché la vista verso Campo Imperatore, il Monte Camicia e il "Piccolo Tibet" è magnifica e insolita. Mentre qualche nuvola supera la cresta della Scindarella, ora di fronte a me, scendo velocemente sul versante nord verso le evidenti strutture edilizie di Campo Nevada. Qui pare che i soldi siano finiti poco prima del completamento degli edifici, che oggi versano in precarie condizioni e sono la casa estiva dei pastori con relativi greggi di pecore. Non c'è che dire, questa speculazione edilizia era e rimane un vero pugno nell'occhio, troppo fuori luogo tra questi spazi magnifici che davvero sembrano appartenere al continente asiatico o al far west americano. Mentre rifletto un forte vento e qualche fiocco di neve mi spingono a tornare.

Che dire, un luogo sospeso, come spesso accade alle realtà abbandonate, tra quello che era, il precario riutilizzo attuale e quello che potrebbe essere. La bellezza della natura di questi luoghi non si discute ed  sotto gli occhi di tutti. Le tradizionali attività agricolo/pastorali sono ancora attive e i prodotti tipici sicuramente qualcosa su cui puntare molto. Il Parco Nazionale resta una realtà un po' secondaria, ma comunque di richiamo. Lo sci, si sa, è stato ed è ancora un mito foriero di grande sviluppo economico e benessere. Penso però che oggi bisogna fare i conti con la situazione climatica che indubbiamente non è quella di una volta e realtà come quelle di Monte Cristo difficilmente funzionerebbero senza innevamento artificiale. Progetti fantomatici di un recupero delle strutture e collegamento con gli impianti di Campo Imperatore ci sono, ma restano solo sulla carta. Intanto l'abbandono rimane e chi ama questi luoghi come ve vorrebbe vedere queste tracce del passato cancellate o riutilizzate in modo intelligente per un vero sviluppo sostenibile del territorio.
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New collaboration with StenopeiKa - Nuova collaborazione con StenopeiKa per il progetto 8x10" in montagna!

12/15/2016

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Me (Giulio Speranza) on the left, Samuele Piccoli of StenopeiKa on the right and the current 8x10" folding camera (810SE2) model in front of us.
ENGLISH
I'm pleased to announce a new collaboration with StenopeiKa, a company from Pistoia, Tuscany, that produces hand made film cameras. Samuele Piccoli, with me in the picture above, designs, creates and sells everything with StenopeiKa logo, all with the utmost passion, novelty and precision of the best "Made in Italy" craftsmanship.

The big news is that I'll be the offical tester and photographer of the new generation of 8x10" wooden/metal folding camera, that promises to be even more lightweight and easy to use than the current 810SE2 model.

Samuele defined his new creation as the mountain photographer's large format camera and in fact I'll have the honor to test the new prototype of 8x10" camera to realize a photographic project about greater apennines mountains, shooting large format black and white pictures during this winter and beyond.

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ITALIANO
È con grandissima soddisfazione e orgoglio che annuncio la nascita di un nuovo progetto di collaborazione con
StenopeiKa, azienda di Pistoia che produce a mano fotocamere a pellicola. Samuele Piccoli, che vedete nella foto assieme a me, progetta, costruisce e commercializza tutto ciò che è marchiato StenopeiKa, il tutto con la passione, l'originalità e la precisione del miglior artigianato "Made in Italy".

Al centro della foto vedete il prototipo dell'attuale modello in produzione di fotocamera folding 8x10", la 810SE2, il cui progetto è alla base della nuova generazione di banchi ottici 8x10" in legno pregiato e leghe metalliche che promette di essere ancora più leggera e funzionale della già straordinaria 810SE2.

La grande notizia è che Samuele mi ha scelto come tester/fotografo ufficiale del nuovo prototipo, che vedrà la luce nei primi mesi del 2017 e che è pensato, tra le altre cose, per chi fotografa in grande formato in montagna e quindi è alla costante ricerca del compromesso tra l'attrezzatura che garantisca il massimo della portabilità e il massimo della qualità.
​
Avrò quindi l'onore di testare un prototipo della nuova fotocamera per realizzare un progetto di fotografia grande formato 20x25 sui monti dell'Appennino, che prevede escursioni di varia lunghezza e impegno, all'inizio di sicuro anche con la neve, volte a raggiungere i migliori punti di ripresa per scattare veri e propri "ritratti" delle cime più e meno note dell'Appennino.

Seguiteci nei prossimi mesi sul mio blog, sui profili facebook, sulla pagina facebook di StenopeiKa e soprattutto su una nuova pagina facebook che verrà creata all'approssimarsi della partenza ufficiale del progetto.
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Ordinary Rome in proiezione al MACRO di Roma

12/7/2016

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Ostia, 2016. Scansione da negativo Ektar100 4x5".
Con mia grande e inaspettata soddisfazione il mio progetto "Ordinary Rome" ha ricevuto la menzione speciale alla XV edizione di FOTOGRAFIA, Festival Internazionale di Roma. Il tema di quest'anno era "Roma, il Mondo", perfetto per questa serie di paesaggi urbani sulla Roma Ordinaria, quella che vivono i romani tutti i giorni e che non viene mai rappresentata con immagini di questi tipo. Ci si concentra sempre sul centro storico e i suoi tesori, dimenticandoci che gran parte della città e gran parte dei romani vive in tutt'altro luogo.

Alcune immagini del progetto saranno visibili in proiezione nella sala dedicata del MACRO, Museo dell'Arte Contemporanea di Roma in Via Nizza, assieme agli altri finalisti del concorso di quest'anno, fino all'8 gennaio 2017. Il mio progetto, che ritengo ancora in una fase iniziale e ben lungi dall'essere completato, continua. In grande formato!
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