GIULIO SPERANZA PHOTOGRAPHY
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BLOG

La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini in grande formato.

10/19/2016

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Dopo la prima esplorazione della Casa Sperimentale dell'architetto Giuseppe Perugini, di cui vi ho reso conto in un recente post del blog, sono tornato in compagnia di due amici per una sessione fotografica in grande formato e per uno studio preliminare di un progetto espositivo a cui stiamo lavorando e di cui sentirete, spero presto, notizie.
Per ora vi presento quattro foto, due in bianco e nero e due a colori, scattate su pellicola 4x5" (10x12cm) con l'amata Linhof Technika IV e obiettivi Super-Angulon 90mm e 65mm. Come potete vedere si tratta di immagini di analisi e documentazione, con cui cerco di rappresentare gli spazi interni ed esterni di questa mutevole struttura. Ho scelto di scattare sia a colori che in bianco e nero perché quest'ultimo ritengo permetta un'analisi più precisa dei volumi e della luce, mentre il colore è doveroso visto l'uso del rosso sia all'interno che all'esterno della casa. Entrambi i tipi di pellicole sono in questo caso funzionali allo scopo degli scatti.
Rimane, dopo questa seconda visita, il rammarico per le condizioni in cui versa la "Casa Sperimentale". La speranza è che si riesca a trovare una finalità, magari in linea con le intenzioni dell'architetto, per questi spazi. Noi ci proveremo con il nostro progetto!
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, vista dall'ingresso. Linhof Technika, pellicola TMax 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, interno. Linhof Technika, pellicola Ektar 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, interno. Linhof Technika, pellicola TMax 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, vista dell'esterno, con la "piscina", la scala rossa di accesso e le strutture portanti. Linhof Technika, pellicola Ektar 100, obiettivo Super-Angulon 90mm.
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La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini

9/9/2016

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La Casa Sperimentale dell'architetto Giuseppe Perugini venne realizzata alla fine degli anni '60 assieme alla moglie Uga de Plaisant e al figlio Raynaldo. Non mi soffermo sulle considerazioni architettoniche, di cui so poco e per cui vi rimando a questo articolo. Vorrei invece descrivere le mie sensazioni dopo questa prima visita, cui ne seguiranno di sicuro altre.

Questa estrosa struttura è seminascosta tra la vegetazione nella parte più interna di Fregene, circondata di stradine su cui affacciano classiche villette di un centro urbano vicino al mare. La prima cosa che si nota è il muro di cinta, convesso verso l'esterno e costituito da un mix di cemento e acciaio dipinto di rosso. Una volta entrati senza problemi dal cancello ho subito notato l'abbondanza di immondizia, frutto principalmente della frequentazione "clandestina" del luogo. Ergo abbandono e incuria. Subito sulla sinistra c'è una bassa costruzione in cemento e acciaio rosso con due porte concave che, se non fossero chiuse a chiave, ruoterebbero su se stesse aprendosi. Poi ecco la casa, molto più piccola di come la immaginavo, occhieggiare tra i rami dei lecci. E accanto, sulla destra, una sfera, con finestra/porta di ingresso circolare che sembra il modulo di atterraggio di una qualche navicella spaziale. Mi ha colpito molto la dicotomia tra le travi in cemento armato e le forme cubiche ossessivamente riproposte fuori e dentro la struttura da un lato e questi moduli circolari o ellittici appesi all'esterno o buttati là nel giardino dall'altro. A proposito del dentro, l'interno non è meno interessante dell'esterno. Vetro, cemento e acciaio dipinto di rosso la fanno da padroni. Gli ambienti ellittici di cui parlavo poc'anzi non sono altro che i bagni, cui si accede con spassose porte circolari che ruotano sulla verticale, lasciando vedere il water e il bidet piazzati in posizione opposta rispetto ad un cerchio rosso sul pavimento. Fantastico. Piccole scale superano i dislivelli degli ambienti interni. Tag e qualche murale. Un gruppo di ragazzi nel frattempo registra un video musicale suonando dal vivo, chitarra e basso, mentre un signore in bmw con figlia al seguito si ferma e ci chiede imbarazzato se può entrare a fare delle foto. Scendendo la scala, ovviamente rossa, con cui si sale alle stanze si torna in giardino dove, esattamente sotto i moduli sospesi sui pilastri, c'è quella che doveva essere una piscina, ora cimitero di acqua verdastra brulicante di zanzare per giocattoli, bottiglie, una tastiera e chissà cos'altro.

Struttura complessa, che occorre un po' di tempo per digerire, che chiede a gran voce di non essere abbandonata, di trovare una nuova vocazione. Museo? Spazio espositivo? Non so, opera d'arte di per sé, probabilmente da reinterpretare. Ci penseremo. E ci torneremo per fare altre foto. Questo è solo l'inizio!
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La Vela di Calatrava a Roma, impressioni e considerazioni.

8/30/2016

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 La Città dello Sport o "Vela" dell'architetto Santiago Calatrava è una delle grandi opere incompiute legate ai mondiali di nuoto che si sono svolti a Roma nel 2009.  Non mi dilungo sulla cronistoria di questa vicenda, per cui vi rimando alla pagina di Wikipedia e relativi riferimenti. Quelli che seguono sono i miei pensieri (e le immagini) dopo questa che è stata la prima esplorazione. Altre foto le trovate nella gallery pubblicata qualche tempo fa qui sul mio sito.

È un classico giorno caldo e soleggiato di inizio agosto quando, con il collega fotografo Lorenzo Lattanzi, decidiamo di andare in esplorazione della mitica "Vela". Prima dell'arrivo sul posto siamo tranquilli. Non sappiamo le condizioni, se ci sia o meno vigilanza, se riusciremo o no ad entrare, ma non ci preoccupa, al massimo cambieremo soggetto, concentrandoci sull'interessate realtà urbana dei quartieri circostanti. Parcheggiamo la macchina vicino all'ingresso principale, con tanto di cartello ormai illeggibile a causa del tempo, che accoglie i visitatori alla Città dello Sport di Santiago Calatrava LLC. Cancelli chiusi, una discarica abusiva di frigo usati davanti ad uno dei varchi e tanto abbandono. Troviamo subito un'apertura nella recinzione e siamo dentro, passando accanto ai container che dovevano essere gli uffici di parte del personale di cantiere. Superata una seconda recinzione siamo ormai al cospetto della gigantesca struttura. Passiamo accanto al gabbiotto del vigilante, deserto, ed entriamo.

Quello che segue è una sintesi di quanto visto e sentito: struttura enorme, dalle affascinanti forme "animalesche" per il chiaro riferimento a strutture ossee animali; le vele sono due, ma la prima è molto più indietro, solo la struttura in cemento armato è completa; il piano in terra pieno di erbacce e tracce di pneumatici sembra più l'arena di una gara di autoscontro che una futura piscina; rumori e presenze, alcuni operai al lavoro, più che altro per la manutenzione di quanto fatto; la pancia della balena, struttura di congiunzione delle due vele, colpisce per l'immensità e la forza della struttura portante, ma al tempo stesso è disordinata e incompleta; la seconda vela è in uno stato più avanzato di lavoro, sembra quasi di poter vedere le lastre di vetro sulla struttura di sostegno metallica; al tempo stesso se la prima mi era sembrata come uno scheletro questa mi sembra come un animale scuoiato, di cui sto osservando i muscoli privi della cute; pochi i tag e i murales, bella la vista dai piani superiori cui si accede con scale illuminate da luci che ci accendono automaticamente al passaggio; abbandono e presenza, sensazioni contrastanti; i piani interrati sono al tempo stesso affascinanti e misteriosi, bui, ma si gira un interruttore ed ecco la luce; altre volte sostenute da gigantesche costole, corridoi e botole piene d'acqua.

Siamo di nuovo fuori dopo un paio d'ore. Cerco di fotografare la struttura da una certa distanza, per contestualizzarla, ma non è facile, si perde tra le erbacce e i cumuli di terra e pietre. Tornerò per approfondire questo aspetto, di sicuro ci vuole un punto di vista più alto. Che dire, tanti soldi spesi, tantissimi ne servirebbero per finire. Un contesto urbano circostante che spazia dalle strutture dell'Università di Tor Vergata, vecchi palazzi anni 80' (?), nuove costruzioni e campi incolti. La Roma-Napoli è lì, il GRA anche. Ma qui? Cosa fare di quello che è già costruito e di quello che manca? Buttare giù? Completare? Riconvertire? Lasciare così come ennesimo esempio, si spera l'ultimo, di speculazione, malaffare, malgestione, mancanza di lungimiranza ecc ecc? Questo non sta a me dirlo, io faccio il fotografo, e cerco di realizzare immagini il più possibili acritiche, ma che facciano riflettere. Di sicuro per me è stata solo una prima presa di contatto, il gigante è complesso e c'è tanto da approfondire e da fotografare!
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La prima delle due "Vele", quella ad uno stato più avanzato di costruzione, con la volta metallica che doveva sostenere le lastre di vetro. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal, filtro giallo 12.
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La seconda "Vela", in uno stato più arretrato di costruzione, in sostanza con la sola struttura in cemento armato. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal, filtro giallo 12.
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Questo è il vero e proprio nucleo della struttura, la "pancia della balena", zona di congiunzione delle due vele. Un lunghissimo spazio ancora il lavorazione. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal.
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Fotografia d'interni per conto dell'Arch. Cristina Binello

3/30/2016

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Recentemente ho avuto il piacere di effettuare un servizio fotografico di interni per conto dell'Arch. Maria Cristina Binello, che ha curato la ristrutturazione della Casa PLN a Roma. È stata per me un'occasione per divertirmi con gli spazi mutevoli e componibili del grande appartamento in zona Vigna Clara. Qui sotto trovate tre scatti, per chi volesse vedere la gallery completa, la trovate a questo link.
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