GIULIO SPERANZA PHOTOGRAPHY
  • Home
  • Projects
    • Majella Madre
    • Gran Sasso d'Italia
    • White >
      • At the limit of feeling
      • Useless Borders
      • White on White
      • Winter Appennines
    • We are our eyes
    • Psychic Landscapes I
    • Abruzzo 1915
  • Galleries
    • Large format architecture
    • Large format Mountains
    • Learn from History >
      • La Vela di Calatrava (Roma)
      • Provvidenza ENEL village
      • Campo Nevada
      • Silston
    • Venezia >
      • Venetian Diurnal
      • Venetian Nocturnal
      • The space of Art
    • Postcards from Sextener Dolomiten
  • Services
    • Corsi e Workshop >
      • Majella Madre: la montagna degli uomini e dello spirito - Workshop 2022
      • La Alpi e l'Uomo: la Valle Antrona in Grande Formato - Workshop 2022
      • Explore Lofoten 2022 - Large Format photography workshop
      • Il paesaggio antropizzato in Grande Formato: la Val d'Orcia - Workshop 2021
      • Corso introduttivo all'uso del banco ottico e alla fotografia di Grande Formato
      • Corsi e lezioni individuali di Banco Ottico e Grande Formato
      • Il Gran Sasso d'Italia in Grande Formato - Workshop 2019
      • Fotografare il Paesaggio
    • Stampe Fine-Art / Fine-Art prints
    • Interni/Architettura - Interiors/Architecture
    • Ritratto - Portrait
    • Vintage
  • About
    • About Me - Contact
    • Awards and CV
    • Partnerships and Gears
    • Video interviews
  • Blog
  • Home
  • Projects
    • Majella Madre
    • Gran Sasso d'Italia
    • White >
      • At the limit of feeling
      • Useless Borders
      • White on White
      • Winter Appennines
    • We are our eyes
    • Psychic Landscapes I
    • Abruzzo 1915
  • Galleries
    • Large format architecture
    • Large format Mountains
    • Learn from History >
      • La Vela di Calatrava (Roma)
      • Provvidenza ENEL village
      • Campo Nevada
      • Silston
    • Venezia >
      • Venetian Diurnal
      • Venetian Nocturnal
      • The space of Art
    • Postcards from Sextener Dolomiten
  • Services
    • Corsi e Workshop >
      • Majella Madre: la montagna degli uomini e dello spirito - Workshop 2022
      • La Alpi e l'Uomo: la Valle Antrona in Grande Formato - Workshop 2022
      • Explore Lofoten 2022 - Large Format photography workshop
      • Il paesaggio antropizzato in Grande Formato: la Val d'Orcia - Workshop 2021
      • Corso introduttivo all'uso del banco ottico e alla fotografia di Grande Formato
      • Corsi e lezioni individuali di Banco Ottico e Grande Formato
      • Il Gran Sasso d'Italia in Grande Formato - Workshop 2019
      • Fotografare il Paesaggio
    • Stampe Fine-Art / Fine-Art prints
    • Interni/Architettura - Interiors/Architecture
    • Ritratto - Portrait
    • Vintage
  • About
    • About Me - Contact
    • Awards and CV
    • Partnerships and Gears
    • Video interviews
  • Blog

BLOG

Scattare in Grande Formato a mano libera: limiti e possibilità.

6/27/2017

0 Comments

 

Con il presente articolo intendo presentare la mia esperienza in merito all’utilizzo a mano libera delle fotocamere grande formato di tipo folding. In particolare, vi presenterò alcuni scatti, con relativi dati e considerazioni, realizzati con un apparecchio Linhof Super Technika IV 4x5” (10,2*12,7 cm), mentre non prenderò in considerazione in questa sede quei modelli di fotocamere grande formato realizzate espressamente per un utilizzo a mano libera (Gaoersi, Dayi, Cambo ecc) e quindi limitati in massima parte solamente a quello. Qui invece prenderemo in esame l’uso per scatti senza cavalletto di fotocamere di tipo folding, anche note come technical cameras, che normalmente possono essere adoperate per una vasta gamma di applicazioni, e trasportate con relativa facilità. Sono apparecchi solitamente completi di movimenti che permettono una gestione accurata della prospettiva e del piano di fuoco ma che alla bisogna, essendo dotate anche di mirino ottico e telemetro accoppiato alla lente in uso, possono diventare delle insospettabili fotocamere “point and shoot” senza cavalletto. Ovviamente con evidenti limitazioni, specialmente peso e ingombro, e quindi non certo la prima scelta nel caso in cui la necessità primaria sia la rapidità d’azione e la veloce ripetizione di scatti. Ma vi assicuro che godono di insospettabili qualità e possono dire la loro anche in questi casi.

Alcuni esempi di fotocamere di questo tipo sono la già citata Linhof Super Technika (il “super” sta proprio ad indicare la presenza del telemetro), diversi modelli della celeberrima Graflex, la Horseman VH-R e la Wista 45RF. Si tratta in tutti i casi di apparecchi che scattano su pellicole piane nel formato 4x5”, utilizzando i classici chassis per l’international back (tipo Lisco, Fidelity ecc.). Tutte in pratica sono state pensate per raggiungere il massimo della versatilità nell’ambito del grande formato, unendo la libertà e la flessibilità dei corpi mobili e della messa a fuoco con il soffietto alla compattezza e relativa leggerezza costruttiva, specie se paragonate alle più ingombranti e pesanti fotocamere a banco ottico classiche (monorail). Tutto ciò perché sono state progettate per un utilizzo sul campo (vengono anche definite “field” non a caso), rispetto ad una vocazione più da studio del banco ottico propriamente detto. Ed infatti uno dei campi originali di utilizzo nell’ambito della fotografia professionistica era quello del fotogiornalismo, per il quale venivano in larga parte utilizzate proprio a mano libera, eventualmente coadiuvate da grossi flash.

​Oggi ovviamente non vediamo più all’opera chi fa fotogiornalismo con questi apparecchi, ma le fotocamere di questo tipo ci sono ancora, anche attualmente in produzione (come la Linhof Super Technika), senza contare il florido mercato dell’usato. Quindi mi sembra doveroso presentarvi le mie impressioni su un modo d’uso del grande formato che ai più fa sorridere.
Picture
Il sottoscritto alle prese con uno scatto a mano libera di un paesaggio montano. Fotocamera Linhof Super Technika IV 4x5" con mirino ottico multifocale e grip anatomico. L'ottica montata è un Nikkor-W 150mm.

Read More
0 Comments

Monte Terminillo tra passato e futuro.

11/8/2016

0 Comments

 
Il Terminillo è la montagna più conosciuta nella Capitale, e infatti è nota anche come “La montagna di Roma”. Il suo versante occidentale è chiaramente visibile dalla città e circa un’ottantina di km di Salaria più un po’ di curve la separano dai condomini romani. Dall’alto dei suoi 2217 m domina la conca reatina ed essendo relativamente isolato rispetto agli altri gruppi montuosi dell’Appennino Centrale, dai suoi pendii si gode un panorama eccezionale. Se fino agli anni ’20 del 900 si poteva raggiungere solo tramite sentieri o a dorso di mulo, è con la visita di Mussolini che, negli anni ’30, inizia la “colonizzazione” per fini turistici, con la costruzione della strada e poi, nel 1940, delle piste da sci e della funivia. Il periodo d’oro è quello che va dagli anni ’50 agli anni ’70, quando diventa un vero e proprio punto di riferimento per il turismo estivo ed invernale per il centro Italia ed è frequentato anche da molte personalità di rilievo del mondo politico e dello spettacolo. Il declino inizia negli anni ’80, per mancanza di investimenti e per la concorrenza sempre più forte delle stazioni sciistiche abruzzesi, che sono ora raggiungibili molto più agevolmente grazie alla costruzione dell’autostrada Roma-L’Aquila. La situazione non è cambiata nell’ultimo periodo, gli impianti sciistici sono ormai obsoleti (si pensi che la funivia è ancora quella del 1940) e i numerosi condomini, alberghi e ville che sono nati negli anni del boom sono ormai quasi sempre vuoti se non abbandonati. Ci sono progetti di ampliamento volti a collegare le piste del versante Reatino con quelle di Leonessa, ma, come succede a tante cose italiane, tutto rimane sospeso per anni. 

È con queste informazioni in mente che mi sono avvicinato assieme all’amico fotografo Roberto Mirulla per una prima “esplorazione” fotografica del Terminillo. In realtà ci ero già passato diverse volte, ma la forma mentis con cui arrivavo era sempre quella dello sci alpinismo o del trekking, quindi gli aspetti socio-architettonici e la ricerca fotografica in senso lato non avevano mai attirato la mia attenzione. Ora però è tutto diverso. Anche gli strumenti sono cambiati. Con la Linhof Technika 4x5” e la Rolleiflex ho iniziato un nuovo percorso di conoscenza di questi luoghi.

La tiepida giornata di autunno inoltrato mi ha regalato emozioni contrastanti: paesaggisticamente parlando il posto era e rimane magnifico. Le grandi faggete che coprono i fianchi della montagna cedono gradualmente il posto ai pascoli e poi ai pendii via via più brulli verso la cima. La strada sale tortuosa regalando viste magnifiche verso ovest sulle dorsali montuose fino alla città che si perde nella foschia. Bello, ma, certo, questo era già così prima dell’antropizzazione, che poi è quello che mi interessa veramente. Ecco quindi che si arriva prima a Pian dé Valli e poi a Campoforogna. Ecco i grandi residence e condomini, ecco le ville più o meno eleganti perse tra gli alberi. Le piazzette, qualche negozio, la vecchia funivia e la grande chiesa di San Francesco. Sembra di fare un viaggio indietro nel tempo negli anni ’60. Sacche del periodo d’oro resistono accanto a palesi decadenze e timidi rinnovamenti. Si percepiscono le origini ante guerra, ci si perde nel marasma della speculazione del dopo guerra e poi... Nulla. Poi una troncatura, uno hiatus come direbbe un geologo. In effetti sembra di essere in una specie di limbo, una sorta di riedizione nostalgica degli anni che furono. Un po’ di gente c’è (è domenica). L’autunno certo non è da nessuna parte il momento del pienone, ma è indubbio che qui i tempi d’oro sono passati.  Salendo verso gli ultimi condomini più alti il discorso non cambia, anzi, c’è anche la diruta e assurda Villa Chigi (che i nostalgici chiamano “di Mussolini)”, però fa un certo effetto vedere il grande campo di atletica ben tenuto e curato. Forse qualcosa si muove e nel complesso tutto ciò che è di antropico non disturba neanche troppo, anzi interessa per quello che è e che ha rappresentato. Un momento della storia della nostra nazione in cui c’era una spinta che oggi dovremmo ritrovare, certo orientandola in altre direzioni magari, ma di cui avremmo un gran bisogno.
​

Torno da questo primo viaggio con tre scatti su pellicola piana e un rullo 120. Ho scelto il bianco e nero per questa volta, mi interessava iniziare con una analisi più formale ed estetica. Ma ci torneremo presto, anche con la neve. ​

Terminillo.net
Terminillo su Wikipedia
Picture
La chiesa di San Francesco al Terminillo (Pian dé Valli), costruita tra gli anni '50 e '60 del 1900. Linhof Technika IV 4x5", pellicola TMax100, lente Super-Angulon 90mm.
Picture
Villa Chigi al Terminillo, costruita negli anni '30 del 1900 ed oggi in abbandono. Numerosi i progetti di recupero, per ora senza esito. Linhof Technika IV 4x5", pellicola TMax100, lente Super-Angulon 90mm, filtro giallo 12.
Picture
L'ingresso di Villa Chigi al Terminillo, con splendido panorama verso sud. Linhof Technika IV 4x5", pellicola TMax100, lente Super-Angulon 90mm.
Segue una piccola galleria di immagini realizzate con fotocamera Rolleiflex 3.5F su pellicola Iford FP4+
0 Comments

La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini in grande formato.

10/19/2016

0 Comments

 
Dopo la prima esplorazione della Casa Sperimentale dell'architetto Giuseppe Perugini, di cui vi ho reso conto in un recente post del blog, sono tornato in compagnia di due amici per una sessione fotografica in grande formato e per uno studio preliminare di un progetto espositivo a cui stiamo lavorando e di cui sentirete, spero presto, notizie.
Per ora vi presento quattro foto, due in bianco e nero e due a colori, scattate su pellicola 4x5" (10x12cm) con l'amata Linhof Technika IV e obiettivi Super-Angulon 90mm e 65mm. Come potete vedere si tratta di immagini di analisi e documentazione, con cui cerco di rappresentare gli spazi interni ed esterni di questa mutevole struttura. Ho scelto di scattare sia a colori che in bianco e nero perché quest'ultimo ritengo permetta un'analisi più precisa dei volumi e della luce, mentre il colore è doveroso visto l'uso del rosso sia all'interno che all'esterno della casa. Entrambi i tipi di pellicole sono in questo caso funzionali allo scopo degli scatti.
Rimane, dopo questa seconda visita, il rammarico per le condizioni in cui versa la "Casa Sperimentale". La speranza è che si riesca a trovare una finalità, magari in linea con le intenzioni dell'architetto, per questi spazi. Noi ci proveremo con il nostro progetto!
Picture
La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, vista dall'ingresso. Linhof Technika, pellicola TMax 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
Picture
La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, interno. Linhof Technika, pellicola Ektar 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
Picture
La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, interno. Linhof Technika, pellicola TMax 100, obiettivo Super-Angulon 65mm.
Picture
La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini, vista dell'esterno, con la "piscina", la scala rossa di accesso e le strutture portanti. Linhof Technika, pellicola Ektar 100, obiettivo Super-Angulon 90mm.
0 Comments

La Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini

9/9/2016

2 Comments

 
Picture
La Casa Sperimentale dell'architetto Giuseppe Perugini venne realizzata alla fine degli anni '60 assieme alla moglie Uga de Plaisant e al figlio Raynaldo. Non mi soffermo sulle considerazioni architettoniche, di cui so poco e per cui vi rimando a questo articolo. Vorrei invece descrivere le mie sensazioni dopo questa prima visita, cui ne seguiranno di sicuro altre.

Questa estrosa struttura è seminascosta tra la vegetazione nella parte più interna di Fregene, circondata di stradine su cui affacciano classiche villette di un centro urbano vicino al mare. La prima cosa che si nota è il muro di cinta, convesso verso l'esterno e costituito da un mix di cemento e acciaio dipinto di rosso. Una volta entrati senza problemi dal cancello ho subito notato l'abbondanza di immondizia, frutto principalmente della frequentazione "clandestina" del luogo. Ergo abbandono e incuria. Subito sulla sinistra c'è una bassa costruzione in cemento e acciaio rosso con due porte concave che, se non fossero chiuse a chiave, ruoterebbero su se stesse aprendosi. Poi ecco la casa, molto più piccola di come la immaginavo, occhieggiare tra i rami dei lecci. E accanto, sulla destra, una sfera, con finestra/porta di ingresso circolare che sembra il modulo di atterraggio di una qualche navicella spaziale. Mi ha colpito molto la dicotomia tra le travi in cemento armato e le forme cubiche ossessivamente riproposte fuori e dentro la struttura da un lato e questi moduli circolari o ellittici appesi all'esterno o buttati là nel giardino dall'altro. A proposito del dentro, l'interno non è meno interessante dell'esterno. Vetro, cemento e acciaio dipinto di rosso la fanno da padroni. Gli ambienti ellittici di cui parlavo poc'anzi non sono altro che i bagni, cui si accede con spassose porte circolari che ruotano sulla verticale, lasciando vedere il water e il bidet piazzati in posizione opposta rispetto ad un cerchio rosso sul pavimento. Fantastico. Piccole scale superano i dislivelli degli ambienti interni. Tag e qualche murale. Un gruppo di ragazzi nel frattempo registra un video musicale suonando dal vivo, chitarra e basso, mentre un signore in bmw con figlia al seguito si ferma e ci chiede imbarazzato se può entrare a fare delle foto. Scendendo la scala, ovviamente rossa, con cui si sale alle stanze si torna in giardino dove, esattamente sotto i moduli sospesi sui pilastri, c'è quella che doveva essere una piscina, ora cimitero di acqua verdastra brulicante di zanzare per giocattoli, bottiglie, una tastiera e chissà cos'altro.

Struttura complessa, che occorre un po' di tempo per digerire, che chiede a gran voce di non essere abbandonata, di trovare una nuova vocazione. Museo? Spazio espositivo? Non so, opera d'arte di per sé, probabilmente da reinterpretare. Ci penseremo. E ci torneremo per fare altre foto. Questo è solo l'inizio!
2 Comments

La Vela di Calatrava a Roma, impressioni e considerazioni.

8/30/2016

0 Comments

 
 La Città dello Sport o "Vela" dell'architetto Santiago Calatrava è una delle grandi opere incompiute legate ai mondiali di nuoto che si sono svolti a Roma nel 2009.  Non mi dilungo sulla cronistoria di questa vicenda, per cui vi rimando alla pagina di Wikipedia e relativi riferimenti. Quelli che seguono sono i miei pensieri (e le immagini) dopo questa che è stata la prima esplorazione. Altre foto le trovate nella gallery pubblicata qualche tempo fa qui sul mio sito.

È un classico giorno caldo e soleggiato di inizio agosto quando, con il collega fotografo Lorenzo Lattanzi, decidiamo di andare in esplorazione della mitica "Vela". Prima dell'arrivo sul posto siamo tranquilli. Non sappiamo le condizioni, se ci sia o meno vigilanza, se riusciremo o no ad entrare, ma non ci preoccupa, al massimo cambieremo soggetto, concentrandoci sull'interessate realtà urbana dei quartieri circostanti. Parcheggiamo la macchina vicino all'ingresso principale, con tanto di cartello ormai illeggibile a causa del tempo, che accoglie i visitatori alla Città dello Sport di Santiago Calatrava LLC. Cancelli chiusi, una discarica abusiva di frigo usati davanti ad uno dei varchi e tanto abbandono. Troviamo subito un'apertura nella recinzione e siamo dentro, passando accanto ai container che dovevano essere gli uffici di parte del personale di cantiere. Superata una seconda recinzione siamo ormai al cospetto della gigantesca struttura. Passiamo accanto al gabbiotto del vigilante, deserto, ed entriamo.

Quello che segue è una sintesi di quanto visto e sentito: struttura enorme, dalle affascinanti forme "animalesche" per il chiaro riferimento a strutture ossee animali; le vele sono due, ma la prima è molto più indietro, solo la struttura in cemento armato è completa; il piano in terra pieno di erbacce e tracce di pneumatici sembra più l'arena di una gara di autoscontro che una futura piscina; rumori e presenze, alcuni operai al lavoro, più che altro per la manutenzione di quanto fatto; la pancia della balena, struttura di congiunzione delle due vele, colpisce per l'immensità e la forza della struttura portante, ma al tempo stesso è disordinata e incompleta; la seconda vela è in uno stato più avanzato di lavoro, sembra quasi di poter vedere le lastre di vetro sulla struttura di sostegno metallica; al tempo stesso se la prima mi era sembrata come uno scheletro questa mi sembra come un animale scuoiato, di cui sto osservando i muscoli privi della cute; pochi i tag e i murales, bella la vista dai piani superiori cui si accede con scale illuminate da luci che ci accendono automaticamente al passaggio; abbandono e presenza, sensazioni contrastanti; i piani interrati sono al tempo stesso affascinanti e misteriosi, bui, ma si gira un interruttore ed ecco la luce; altre volte sostenute da gigantesche costole, corridoi e botole piene d'acqua.

Siamo di nuovo fuori dopo un paio d'ore. Cerco di fotografare la struttura da una certa distanza, per contestualizzarla, ma non è facile, si perde tra le erbacce e i cumuli di terra e pietre. Tornerò per approfondire questo aspetto, di sicuro ci vuole un punto di vista più alto. Che dire, tanti soldi spesi, tantissimi ne servirebbero per finire. Un contesto urbano circostante che spazia dalle strutture dell'Università di Tor Vergata, vecchi palazzi anni 80' (?), nuove costruzioni e campi incolti. La Roma-Napoli è lì, il GRA anche. Ma qui? Cosa fare di quello che è già costruito e di quello che manca? Buttare giù? Completare? Riconvertire? Lasciare così come ennesimo esempio, si spera l'ultimo, di speculazione, malaffare, malgestione, mancanza di lungimiranza ecc ecc? Questo non sta a me dirlo, io faccio il fotografo, e cerco di realizzare immagini il più possibili acritiche, ma che facciano riflettere. Di sicuro per me è stata solo una prima presa di contatto, il gigante è complesso e c'è tanto da approfondire e da fotografare!
Picture
La prima delle due "Vele", quella ad uno stato più avanzato di costruzione, con la volta metallica che doveva sostenere le lastre di vetro. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal, filtro giallo 12.
Picture
La seconda "Vela", in uno stato più arretrato di costruzione, in sostanza con la sola struttura in cemento armato. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal, filtro giallo 12.
Picture
Questo è il vero e proprio nucleo della struttura, la "pancia della balena", zona di congiunzione delle due vele. Un lunghissimo spazio ancora il lavorazione. Linhof Technika IV, lente Super-Angulon 90mm, pellicola Ilford Delta 100 sviluppata in Rodinal.
0 Comments

Fotografia d'interni per conto dell'Arch. Cristina Binello

3/30/2016

0 Comments

 
Recentemente ho avuto il piacere di effettuare un servizio fotografico di interni per conto dell'Arch. Maria Cristina Binello, che ha curato la ristrutturazione della Casa PLN a Roma. È stata per me un'occasione per divertirmi con gli spazi mutevoli e componibili del grande appartamento in zona Vigna Clara. Qui sotto trovate tre scatti, per chi volesse vedere la gallery completa, la trovate a questo link.
Picture
Picture
Picture
0 Comments

    Archives

    December 2021
    February 2021
    November 2020
    March 2020
    January 2018
    June 2017
    March 2017
    February 2017
    December 2016
    November 2016
    October 2016
    September 2016
    August 2016
    July 2016
    March 2016
    February 2016
    January 2016
    December 2015

    Categories

    All
    Abbandono
    Analogico
    Architettura
    Attrezzatura
    Energie Rinnovabili
    Esposizioni
    Fotocamere
    Grande Formato
    Interni
    Montagna
    News
    Nuovi Materiali
    Paesaggio
    Pesaggio Urbano
    Premi
    Progetti
    Recensioni
    Ricerca
    Ritratti
    Servizi
    Storie

    RSS Feed

Powered by Create your own unique website with customizable templates.