Il Terminillo è la montagna più conosciuta nella Capitale, e infatti è nota anche come “La montagna di Roma”. Il suo versante occidentale è chiaramente visibile dalla città e circa un’ottantina di km di Salaria più un po’ di curve la separano dai condomini romani. Dall’alto dei suoi 2217 m domina la conca reatina ed essendo relativamente isolato rispetto agli altri gruppi montuosi dell’Appennino Centrale, dai suoi pendii si gode un panorama eccezionale. Se fino agli anni ’20 del 900 si poteva raggiungere solo tramite sentieri o a dorso di mulo, è con la visita di Mussolini che, negli anni ’30, inizia la “colonizzazione” per fini turistici, con la costruzione della strada e poi, nel 1940, delle piste da sci e della funivia. Il periodo d’oro è quello che va dagli anni ’50 agli anni ’70, quando diventa un vero e proprio punto di riferimento per il turismo estivo ed invernale per il centro Italia ed è frequentato anche da molte personalità di rilievo del mondo politico e dello spettacolo. Il declino inizia negli anni ’80, per mancanza di investimenti e per la concorrenza sempre più forte delle stazioni sciistiche abruzzesi, che sono ora raggiungibili molto più agevolmente grazie alla costruzione dell’autostrada Roma-L’Aquila. La situazione non è cambiata nell’ultimo periodo, gli impianti sciistici sono ormai obsoleti (si pensi che la funivia è ancora quella del 1940) e i numerosi condomini, alberghi e ville che sono nati negli anni del boom sono ormai quasi sempre vuoti se non abbandonati. Ci sono progetti di ampliamento volti a collegare le piste del versante Reatino con quelle di Leonessa, ma, come succede a tante cose italiane, tutto rimane sospeso per anni.
È con queste informazioni in mente che mi sono avvicinato assieme all’amico fotografo Roberto Mirulla per una prima “esplorazione” fotografica del Terminillo. In realtà ci ero già passato diverse volte, ma la forma mentis con cui arrivavo era sempre quella dello sci alpinismo o del trekking, quindi gli aspetti socio-architettonici e la ricerca fotografica in senso lato non avevano mai attirato la mia attenzione. Ora però è tutto diverso. Anche gli strumenti sono cambiati. Con la Linhof Technika 4x5” e la Rolleiflex ho iniziato un nuovo percorso di conoscenza di questi luoghi.
La tiepida giornata di autunno inoltrato mi ha regalato emozioni contrastanti: paesaggisticamente parlando il posto era e rimane magnifico. Le grandi faggete che coprono i fianchi della montagna cedono gradualmente il posto ai pascoli e poi ai pendii via via più brulli verso la cima. La strada sale tortuosa regalando viste magnifiche verso ovest sulle dorsali montuose fino alla città che si perde nella foschia. Bello, ma, certo, questo era già così prima dell’antropizzazione, che poi è quello che mi interessa veramente. Ecco quindi che si arriva prima a Pian dé Valli e poi a Campoforogna. Ecco i grandi residence e condomini, ecco le ville più o meno eleganti perse tra gli alberi. Le piazzette, qualche negozio, la vecchia funivia e la grande chiesa di San Francesco. Sembra di fare un viaggio indietro nel tempo negli anni ’60. Sacche del periodo d’oro resistono accanto a palesi decadenze e timidi rinnovamenti. Si percepiscono le origini ante guerra, ci si perde nel marasma della speculazione del dopo guerra e poi... Nulla. Poi una troncatura, uno hiatus come direbbe un geologo. In effetti sembra di essere in una specie di limbo, una sorta di riedizione nostalgica degli anni che furono. Un po’ di gente c’è (è domenica). L’autunno certo non è da nessuna parte il momento del pienone, ma è indubbio che qui i tempi d’oro sono passati. Salendo verso gli ultimi condomini più alti il discorso non cambia, anzi, c’è anche la diruta e assurda Villa Chigi (che i nostalgici chiamano “di Mussolini)”, però fa un certo effetto vedere il grande campo di atletica ben tenuto e curato. Forse qualcosa si muove e nel complesso tutto ciò che è di antropico non disturba neanche troppo, anzi interessa per quello che è e che ha rappresentato. Un momento della storia della nostra nazione in cui c’era una spinta che oggi dovremmo ritrovare, certo orientandola in altre direzioni magari, ma di cui avremmo un gran bisogno.
Torno da questo primo viaggio con tre scatti su pellicola piana e un rullo 120. Ho scelto il bianco e nero per questa volta, mi interessava iniziare con una analisi più formale ed estetica. Ma ci torneremo presto, anche con la neve.
Terminillo.net
Terminillo su Wikipedia
È con queste informazioni in mente che mi sono avvicinato assieme all’amico fotografo Roberto Mirulla per una prima “esplorazione” fotografica del Terminillo. In realtà ci ero già passato diverse volte, ma la forma mentis con cui arrivavo era sempre quella dello sci alpinismo o del trekking, quindi gli aspetti socio-architettonici e la ricerca fotografica in senso lato non avevano mai attirato la mia attenzione. Ora però è tutto diverso. Anche gli strumenti sono cambiati. Con la Linhof Technika 4x5” e la Rolleiflex ho iniziato un nuovo percorso di conoscenza di questi luoghi.
La tiepida giornata di autunno inoltrato mi ha regalato emozioni contrastanti: paesaggisticamente parlando il posto era e rimane magnifico. Le grandi faggete che coprono i fianchi della montagna cedono gradualmente il posto ai pascoli e poi ai pendii via via più brulli verso la cima. La strada sale tortuosa regalando viste magnifiche verso ovest sulle dorsali montuose fino alla città che si perde nella foschia. Bello, ma, certo, questo era già così prima dell’antropizzazione, che poi è quello che mi interessa veramente. Ecco quindi che si arriva prima a Pian dé Valli e poi a Campoforogna. Ecco i grandi residence e condomini, ecco le ville più o meno eleganti perse tra gli alberi. Le piazzette, qualche negozio, la vecchia funivia e la grande chiesa di San Francesco. Sembra di fare un viaggio indietro nel tempo negli anni ’60. Sacche del periodo d’oro resistono accanto a palesi decadenze e timidi rinnovamenti. Si percepiscono le origini ante guerra, ci si perde nel marasma della speculazione del dopo guerra e poi... Nulla. Poi una troncatura, uno hiatus come direbbe un geologo. In effetti sembra di essere in una specie di limbo, una sorta di riedizione nostalgica degli anni che furono. Un po’ di gente c’è (è domenica). L’autunno certo non è da nessuna parte il momento del pienone, ma è indubbio che qui i tempi d’oro sono passati. Salendo verso gli ultimi condomini più alti il discorso non cambia, anzi, c’è anche la diruta e assurda Villa Chigi (che i nostalgici chiamano “di Mussolini)”, però fa un certo effetto vedere il grande campo di atletica ben tenuto e curato. Forse qualcosa si muove e nel complesso tutto ciò che è di antropico non disturba neanche troppo, anzi interessa per quello che è e che ha rappresentato. Un momento della storia della nostra nazione in cui c’era una spinta che oggi dovremmo ritrovare, certo orientandola in altre direzioni magari, ma di cui avremmo un gran bisogno.
Torno da questo primo viaggio con tre scatti su pellicola piana e un rullo 120. Ho scelto il bianco e nero per questa volta, mi interessava iniziare con una analisi più formale ed estetica. Ma ci torneremo presto, anche con la neve.
Terminillo.net
Terminillo su Wikipedia
Segue una piccola galleria di immagini realizzate con fotocamera Rolleiflex 3.5F su pellicola Iford FP4+