Il "freddo siberiano" però non dura molto, la temperatura fluttua, in basso la neve inizia subito a sciogliersi, c'è una tregua. Poi, dopo metà gennaio, ecco arrivare il secondo, e ampiamente previsto, evento meteo di estrema intensità. E avviene il disastro.
Dopo la fine della Grande Nevicata, i cui effetti dureranno a lungo e saranno visibili ben oltre la permanenza della neve al suolo, che succede? Beh, poco o nulla. La fine di gennaio e soprattutto il mese di febbraio scorrono via tranquilli, con temperature via via più alte, anche non di poco sopra la media del periodo. La neve fonde rapidamente alle quote medio-basse ed in breve solo grandi mucchi sporchi nei paesi più alti ricordano quello che era stato solo un paio di settimane prima. Insomma, l'ultimo mese dell'inverno meteorologico scorre via e senza colpo ferire ci ritroviamo al 1 marzo, inizio della primavera meteorologica.
1: l'inverno è iniziato tardissimo. Davvero, se "da record" è stata la nevicata di metà gennaio, così lo è un fine dicembre senza ombra di neve su gran parte dell'Appennino centrale, con temperature tra l'altro sopra la media. Si tratta di circostanze davvero rare e preoccupanti se inserite nel contesto del cambiamento climatico globale. Probabilmente ci troveremo sempre più spesso in situazioni come queste, con tutte le ricadute del caso, prima di tutto sul turismo.
2: gennaio è stato un mese di freddo e neve impressionanti, ma solo per il versante adriatico. Come ampiamente detto, se il freddo, ma solo ai primi di gennaio, ha interessato un po' tutta l'Italia centro-meridionale, la neve "record" ha riguardato solo il versante adriatico, accanendosi in pratica sulle stesse aree, grosso modo dalle Marche meridionali al Molise. Questo deve far riflettere sul fatto che è importante la scala dei fenomeni di cui si parla. Gennaio "storico" (e tragico) per l'Abruzzo, nella norma per gli altri. Decisamente avaro di neve e pioggia per il nord Italia. Quindi attenzione, se parliamo di andamento nazionale o regionale dell'inverno, bisogna anche considerare le zone dove la stagione è stata "normale" o addirittura di segno opposto a quella abruzzese.
3: le valanghe del 18 gennaio erano prevedibili? E quanto ha influito il terremoto? Beh come detto la perturbazione era stata ampiamente prevista. Era logico aspettarsi distacchi anche importanti. Certo le dimensioni raggiunte dalle valanghe sono state enormi, e difficilmente ipotizzabili a priori, se pensiamo che sono andati completamente distrutti boschi con diverse decine di anni di età. Forse una tragica combinazione di evento meteorologico "estremo", inteso come evento con tempo di ritorno sulle decine di anni, e scosse sismiche hanno causato la tragedia. Quello che bisogna considerare è che, come avvenuto con l'assenza di neve di dicembre, i fenomeni meteo saranno sempre più violenti e, a parità di violenza, più frequenti negli anni futuri.
4: l'inverno è stato brevissimo. Come detto febbraio è stato più un mese da anticipo di primavera che di inverno pieno. Ergo l'inverno propriamente detto, pur ammettendo che all'interno della stagione ci sia una logica variabilità delle condizioni, è durato solo un mese: gennaio. Un po' poco per considerarlo storico.
Concludo, sperando di non avervi annoiato troppo, dicendo che secondo me è stato un andamento emblematico dei tempi che corrono. La stagione invernale da tempo ormai si sta progressivamente accorciando, ma ciò non vuol dire che non possano verificarsi fenomeni sempre più estremi, come freddo e nevicate record o totali assenza di neve e siccità. Il clima sta cambiando, è innegabile. I risvolti sono imprevedibili, e possono essere completamente opposti in aree limitrofe. Far fronte al cambiamento, adeguarci a esso, tenerne conto per progettare il futuro della nostra società, è di vitale importanza.
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