INTRODUZIONE
La Leonardo 8x10” è l’ultima arrivata tra la crescente famiglia di fotocamere grande e ultra-grande formato a marchio StenopeiKa. Se vi trovate a passare da Pistoia, vi consiglio una breve deviazione fino ad un piccolo gruppo di case strette tra gli ulivi sui ripidi pendii della Valdibure, dove Samuele Piccoli vi accoglierà nel suo piccolo regno, tra il profumo del legno e gli attrezzi del falegname. Lì nascono, si sviluppano e infine prendono forma le sue idee, di cui la Leonardo è solo l’ultimo esempio.
Non vi lasciate ingannare dal nome, non si tratta di una mancanza di modestia o un volersi elevare, da parte del suo artigiano, al rango di genio. Piuttosto trattasi di un omaggio, nel 500+1 dalla morte del grande Maestro, nato non molto distante in un altro paesino perso tra ulivi e colline.
Devo ammettere che quando Samuele mi ha parlato per la prima volta della sua ultima creatura e dell’intenzione di farmela provare in anteprima, ne sono stato subito molto incuriosito. Una 8x10” da testare non capita tutti i giorni! Per di più si tratta di una nuova linea, che nello specifico dovrebbe sostituire la attuale 810se II, riprendendo le soluzioni tecniche ed estetiche già apprezzate sulla X-Camera (link). La Leonardo quindi sarà la punta di diamante, sia dal punto di vista estetico che tecnico, della famiglia StenopeiKa. Potete comprendere la mia impazienza e la mia eccitazione quando finalmente ci ho messo sopra le mani!
Il primo contatto è avvenuto sulle montagne Pistoiesi a fine gennaio, ed è stato davvero particolare, come potete vedere nel video che vedete qui sotto. Dopo aver rotto il ghiaccio con uno scatto all’interno di una pieve abbandonata, ho portato la nuova creatura con me a Roma, avendo così modo di provarla con calma. Quelle che seguono sono le mie impressioni che, è doveroso premettere, si basano sull’utilizzo della #00, ovvero su un prototipo a tutti gli effetti e di fatto il primo esemplare della serie uscito dal laboratorio di Samuele. Quindi mi concentrerò sugli aspetti generali più importanti, tralasciando alcuni dettagli minori che ho già provveduto a segnalare al suo scaltro costruttore ;-)
La Leonardo 8x10” è l’ultima arrivata tra la crescente famiglia di fotocamere grande e ultra-grande formato a marchio StenopeiKa. Se vi trovate a passare da Pistoia, vi consiglio una breve deviazione fino ad un piccolo gruppo di case strette tra gli ulivi sui ripidi pendii della Valdibure, dove Samuele Piccoli vi accoglierà nel suo piccolo regno, tra il profumo del legno e gli attrezzi del falegname. Lì nascono, si sviluppano e infine prendono forma le sue idee, di cui la Leonardo è solo l’ultimo esempio.
Non vi lasciate ingannare dal nome, non si tratta di una mancanza di modestia o un volersi elevare, da parte del suo artigiano, al rango di genio. Piuttosto trattasi di un omaggio, nel 500+1 dalla morte del grande Maestro, nato non molto distante in un altro paesino perso tra ulivi e colline.
Devo ammettere che quando Samuele mi ha parlato per la prima volta della sua ultima creatura e dell’intenzione di farmela provare in anteprima, ne sono stato subito molto incuriosito. Una 8x10” da testare non capita tutti i giorni! Per di più si tratta di una nuova linea, che nello specifico dovrebbe sostituire la attuale 810se II, riprendendo le soluzioni tecniche ed estetiche già apprezzate sulla X-Camera (link). La Leonardo quindi sarà la punta di diamante, sia dal punto di vista estetico che tecnico, della famiglia StenopeiKa. Potete comprendere la mia impazienza e la mia eccitazione quando finalmente ci ho messo sopra le mani!
Il primo contatto è avvenuto sulle montagne Pistoiesi a fine gennaio, ed è stato davvero particolare, come potete vedere nel video che vedete qui sotto. Dopo aver rotto il ghiaccio con uno scatto all’interno di una pieve abbandonata, ho portato la nuova creatura con me a Roma, avendo così modo di provarla con calma. Quelle che seguono sono le mie impressioni che, è doveroso premettere, si basano sull’utilizzo della #00, ovvero su un prototipo a tutti gli effetti e di fatto il primo esemplare della serie uscito dal laboratorio di Samuele. Quindi mi concentrerò sugli aspetti generali più importanti, tralasciando alcuni dettagli minori che ho già provveduto a segnalare al suo scaltro costruttore ;-)
DATI TECNICI
Iniziamo subito dai dati tecnici fondamentali, che, pur non dicendoci tutto, ci danno qualche utile indicazione:
Detto ciò, cominciamo a guardare la macchina, inizialmente da chiusa.
Iniziamo subito dai dati tecnici fondamentali, che, pur non dicendoci tutto, ci danno qualche utile indicazione:
- Nome: StenopeiKa Leonardo
- Tipo: fotocamera a corpi mobili di tipo “folding"
- Formato: 8x10”
- Test effettuato su esemplare: #00
- Materiali: alluminio verniciato nero e legno (cipresso)
- Dimensioni da chiusa: 35,5x35x12cm
- Peso: 4,5 kg
- Allungamento min e max: 13cm / 68cm (a standarde verticali)
- Movimenti standarda anteriore: decentramento verticale +/- 5cm; tilt assiale +/-90°; tilt basale +23°/-90°; swing +/- 11,5°
- Movimenti standarda posteriore: decentramento laterale +/- 2cm; tilt basale +90/-25°; swing +/- 18°
- Soffietto: classico, sostituibile con soffietto grandangolare, attacco magnetico
- Frame posteriore: magnetico, con maniglia per inserimento chassis
- Vetro smerigliato: con reticolo, con lente di fresnel
- Note: controlli individuali per ogni movimento; inclusa lastra di legno ad attacco magnetico di protezione del vetro
Detto ciò, cominciamo a guardare la macchina, inizialmente da chiusa.
CHIUSA O APERTA, UNA BELLEZZA
Appaiono subito evidenti alcune cose: rispetto al modello precedente (810se II) c’è decisamente meno legno e più metallo. La base, infatti, è interamente costituita da una elegante e articolata sovrapposizione di due lastre di alluminio (foto sopra, al centro), una più spessa (6mm), a fungere da struttura portante, l’altra sottile, con scanalature che lavorano come guide per lo scorrimento della standarda posteriore. Il disegno dell’alluminio ricorda quanto visto sulla X-Camera, di cui infatti la Leonardo riprende la concezione, più tecnologica e compatta rispetto al passato. Difatti, appare contenuta nelle dimensioni e lo spessore da chiusa è ragionevole (foto sopra, a destra). Osservando il lato superiore (foto sopra, a sinistra), si nota subito il comodo e funzionale proteggi-vetro in legno ad attacco magnetico e il sistema di inserimento dello chassis, che fa affidamento su molle in acciaio armonico e una grande maniglia per facilitare il sollevamento della struttura. Da dietro invece, si può apprezzare il complesso sistema di sovrapposizione di lastre metalliche e guide che rendono possibili i movimenti e, al centro, la classica manopola per la messa a fuoco di precisione con vite senza fine.
Molto metallo dicevo, ma anche legno, materiale irrinunciabile per StenopeiKa. Il profumato e chiaro cipresso costituisce infatti la struttura delle due cornici, anteriore e posteriore, su cui si aggancia il soffietto, e del dorso con l’alloggiamento per il vetro. Nel complesso l’estetica è assai piacevole, enfatizzata dal contrasto tra il nero del metallo e il chiaro del legno, e l’impressione che si ha è di un oggetto notevolmente tecnologico.
L’apertura (video qui sotto) avviene in modo analogo alle altre folding della casa, dapprima svitando le due manopole ai lati della standarda posteriore, quindi ruotando la stessa standarda fino a che la rotazione ingaggia le tacche nella guida indicanti la posizione di “0”, poi facendo lo stesso per la standarda anteriore. Infine, occorre portare la cornice anteriore nella posizione iniziale, alzandola ed estraendo lateralmente le due stanghette metalliche fino a farle entrare nelle guide per il decentramento verticale. Una volta serrate tutte le manopole, siamo pronti per iniziare!
Appaiono subito evidenti alcune cose: rispetto al modello precedente (810se II) c’è decisamente meno legno e più metallo. La base, infatti, è interamente costituita da una elegante e articolata sovrapposizione di due lastre di alluminio (foto sopra, al centro), una più spessa (6mm), a fungere da struttura portante, l’altra sottile, con scanalature che lavorano come guide per lo scorrimento della standarda posteriore. Il disegno dell’alluminio ricorda quanto visto sulla X-Camera, di cui infatti la Leonardo riprende la concezione, più tecnologica e compatta rispetto al passato. Difatti, appare contenuta nelle dimensioni e lo spessore da chiusa è ragionevole (foto sopra, a destra). Osservando il lato superiore (foto sopra, a sinistra), si nota subito il comodo e funzionale proteggi-vetro in legno ad attacco magnetico e il sistema di inserimento dello chassis, che fa affidamento su molle in acciaio armonico e una grande maniglia per facilitare il sollevamento della struttura. Da dietro invece, si può apprezzare il complesso sistema di sovrapposizione di lastre metalliche e guide che rendono possibili i movimenti e, al centro, la classica manopola per la messa a fuoco di precisione con vite senza fine.
Molto metallo dicevo, ma anche legno, materiale irrinunciabile per StenopeiKa. Il profumato e chiaro cipresso costituisce infatti la struttura delle due cornici, anteriore e posteriore, su cui si aggancia il soffietto, e del dorso con l’alloggiamento per il vetro. Nel complesso l’estetica è assai piacevole, enfatizzata dal contrasto tra il nero del metallo e il chiaro del legno, e l’impressione che si ha è di un oggetto notevolmente tecnologico.
L’apertura (video qui sotto) avviene in modo analogo alle altre folding della casa, dapprima svitando le due manopole ai lati della standarda posteriore, quindi ruotando la stessa standarda fino a che la rotazione ingaggia le tacche nella guida indicanti la posizione di “0”, poi facendo lo stesso per la standarda anteriore. Infine, occorre portare la cornice anteriore nella posizione iniziale, alzandola ed estraendo lateralmente le due stanghette metalliche fino a farle entrare nelle guide per il decentramento verticale. Una volta serrate tutte le manopole, siamo pronti per iniziare!
Dando uno sguardo possiamo ora notare altre cose (foto sopra): il soffietto è di buona fattura, appare abbastanza flessibile ed è dotato del sistema magnetico di aggancio/sgancio, comune a tutte le StenopeiKa, che risulta davvero comodo e immediato. La standarda frontale accoglie piastre di tipo Sinar e il diametro del foro permette di inserire praticamente qualunque lente, anche quelle con elemento posteriore di notevoli dimensioni. I movimenti sono tutti dotati di manopole di blocco/sblocco individuali, che rispetto alla notevole struttura della macchina appaiono un po’ piccole. Anteriormente troviamo (foto sotto a sinistra e al centro), appaiate in alto, le due manopole per usare il decentramento verticale e il tilt, mentre più in basso quelle già viste per aprire la standarda e che possono essere usate anche per il tilt basso. Sulla piastra alla base ci sono infine le due manopole che controllano lo swing e quella che permette di far scorrere manualmente tutta la standarda per la messa a fuoco grossolana. Manca il decentramento laterale, che invece troviamo dietro (foto sotto a destra), controllato da due manopoline un po’ piccole situate subito sopra quella della messa a fuoco di precisione. Infine, tilt e swing si controllano, posteriormente, in modo simile al davanti: doppia manopola sulla base per lo swing e manopole utilizzate anche per l’apertura/chiusura della macchina per il tilt. Da notare che lo swing, sia davanti che dietro, ha degli “0” meccanici rappresentati da sferette che ingaggiano dei fori quando si trovano in posizione neutra. L’effetto non è evidentissimo, ma aiuta. Le due stanghette davanti che vanno a battuta per lo “0” del decentramento verticale servono anche per la posizione neutra del tilt.
Passiamo ora alla messa a fuoco: di notevole impatto estetico ed in effetti precise e funzionali sono le guide che permettono di focheggiare (foto qui sopra a sinistra). Il tutto, ancora una volta, ricorda da vicino quanto visto sulla X-Camera: due guide esterne servono per l’estensione manuale all’indietro della standarda posteriore, controllata da due manopoline di blocco/sblocco (troppo piccole, ma lavorano bene. Sulla versione finale saranno più grandi) situate sotto la base della macchina. Su due grandi binari centrali scorre, sempre manualmente, la standarda frontale, con movimento fluido e rapido regolato dalla già citata manopola di blocco/sblocco al centro. La messa a fuoco di precisione tramite vite senza fine si affida, per concludere, a guide uguali a quelle esterne. L’allungamento massimo e minimo consentono uno spettro d’uso ampio in grado di soddisfare gran parte delle esigenze di scatto. Nel complesso la struttura si presenta rigida e robusta, anche se il baricentro della macchina risulta un po’ alto. Nota bene: la scala millimetrica con indicatori che vedete nelle tre foto qui sopra è una mia aggiunta.
USO SUL CAMPO: ALTE ASPETTATIVE, BUONE RISPOSTE
Veniamo ora alle mie impressioni d’uso sul campo. Premessa: ho realizzato diversi scatti nel giro di un mese e mezzo. Ho portato la Leonardo su in montagna, in modo da valutarne la facilità di trasporto, ho scattato in condizioni difficili, con vento forte e/o con lenti pesanti e in condizioni di notevole stress meccanico della struttura, in interni con focali corte, ritratto e persino macro 1:1. Mi sento quindi di aver raggiunto una discreta familiarità con lo strumento e di potervi fare un quadro esauriente della situazione. In generale, ho usato come lenti il Super-Angulon 165mm, il Fujinon-W 300mm e il Symmar-S 360mm. Il primo e l’ultimo sono lenti assai grandi e pesanti, in grado di mettere alla prova la macchina come si deve. Come cavalletto ho usato un Gitzo Mountaineer con testa Linhof pan/tilt.
USO SUL CAMPO: ALTE ASPETTATIVE, BUONE RISPOSTE
Veniamo ora alle mie impressioni d’uso sul campo. Premessa: ho realizzato diversi scatti nel giro di un mese e mezzo. Ho portato la Leonardo su in montagna, in modo da valutarne la facilità di trasporto, ho scattato in condizioni difficili, con vento forte e/o con lenti pesanti e in condizioni di notevole stress meccanico della struttura, in interni con focali corte, ritratto e persino macro 1:1. Mi sento quindi di aver raggiunto una discreta familiarità con lo strumento e di potervi fare un quadro esauriente della situazione. In generale, ho usato come lenti il Super-Angulon 165mm, il Fujinon-W 300mm e il Symmar-S 360mm. Il primo e l’ultimo sono lenti assai grandi e pesanti, in grado di mettere alla prova la macchina come si deve. Come cavalletto ho usato un Gitzo Mountaineer con testa Linhof pan/tilt.
Innanzi tutto, voglio menzionare l’ottimo vetro smerigliato in dotazione: una volta rimosso il copri-vetro magnetico ecco apparire la lastra, dotata di reticolo con crocino al centro. Non ho avuto alcun problema per mettere a fuoco, anche se a volte si può sentire la mancanza della lente di Fresnel. Niente paura però: la versione finale della Leonardo avrà in dotazione anche la lente, come già accade, d’altronde, per la X-Camera e la Hyper Advanced. Devo ammettere che risulta molto comoda anche la manigliona per inserire lo chassis: azionandola, si crea facilmente lo spazio per l’inserimento senza creare troppo stress meccanico alla macchina, quindi senza rischiare di spostare qualcosa un attimo prima dello scatto.
In generale la struttura è rigida e ha sostenuto senza problemi le pesanti lenti utilizzate in fase di test, anche nei casi di notevole estensione o con la macchina inclinata e i corpi ruotati per controllare fuoco e prospettiva. Ovviamente non aspettatevi un blocco di granito: la dimensione della macchina, l’ampiezza delle “leve” e le soluzioni meccaniche adottate per il movimento dei corpi inevitabilmente portano ad un minimo di elasticità e “gioco” di alcune parti. Ciò è inevitabile e necessario ad un buon funzionamento, non creando nessun problema d’uso della fotocamera nella stragrande maggioranza delle condizioni. Due cose importanti, che occorre ricordarsi sempre, è di serrare bene tutte le manopole, che in generale avrei gradito più grandi e con un grip migliore, e utilizzare una testa del cavalletto di dimensioni adeguate, con piastra grande, in modo da ottenere il migliore accoppiamento possibile con la base della macchina. Detto ciò, il pregio della Leonardo è che una volta settata bene, se anche dovesse vibrare o flettersi, ad esempio inserendo lo chassis o a causa di una raffica di vento, ritorna poi immediatamente nella posizione iniziale, pronta a scattare al momento propizio. In sostanza, tutte le parti sono ben accoppiate così la macchina si “muove” all’unisono, senza oscillazioni differenziate. L’ampiezza delle guide e delle superfici di contatto tra le componenti metalliche restituiscono una buona rigidità alle torsioni, mantenendo al tempo stesso fluidità di movimento. La “resistenza” della messa a fuoco di precisione e degli scorrimenti rapidi dei due corpi è settata bene, così il movimento è fluido ma non si corre il rischio di spostamenti involontari ad esempio a camera inclinata.
In generale la struttura è rigida e ha sostenuto senza problemi le pesanti lenti utilizzate in fase di test, anche nei casi di notevole estensione o con la macchina inclinata e i corpi ruotati per controllare fuoco e prospettiva. Ovviamente non aspettatevi un blocco di granito: la dimensione della macchina, l’ampiezza delle “leve” e le soluzioni meccaniche adottate per il movimento dei corpi inevitabilmente portano ad un minimo di elasticità e “gioco” di alcune parti. Ciò è inevitabile e necessario ad un buon funzionamento, non creando nessun problema d’uso della fotocamera nella stragrande maggioranza delle condizioni. Due cose importanti, che occorre ricordarsi sempre, è di serrare bene tutte le manopole, che in generale avrei gradito più grandi e con un grip migliore, e utilizzare una testa del cavalletto di dimensioni adeguate, con piastra grande, in modo da ottenere il migliore accoppiamento possibile con la base della macchina. Detto ciò, il pregio della Leonardo è che una volta settata bene, se anche dovesse vibrare o flettersi, ad esempio inserendo lo chassis o a causa di una raffica di vento, ritorna poi immediatamente nella posizione iniziale, pronta a scattare al momento propizio. In sostanza, tutte le parti sono ben accoppiate così la macchina si “muove” all’unisono, senza oscillazioni differenziate. L’ampiezza delle guide e delle superfici di contatto tra le componenti metalliche restituiscono una buona rigidità alle torsioni, mantenendo al tempo stesso fluidità di movimento. La “resistenza” della messa a fuoco di precisione e degli scorrimenti rapidi dei due corpi è settata bene, così il movimento è fluido ma non si corre il rischio di spostamenti involontari ad esempio a camera inclinata.
Il sistema che, anteriormente, controlla il tilt e il decentramento verticale, necessita di un minimo di accortezza per essere utilizzato al meglio. Gli sblocchi sono individuali, ma ricordatevi di serrare molto bene il movimento che volete bloccare mentre lavorate sull’altro. Così se, ad esempio, volete tiltare, serrate bene il decentramento per non rischiare, specialmente con lenti molto pesanti, che vi scenda verso il basso tutta la standarda. Viceversa, se volete decentrare verso il basso senza il rischio di ruotare. Tranquilli comunque, una volta che tutto è ben serrato, non c’è nessun problema. Devo ammettere che le due stanghette metalliche, già citate, che servono ad identificare lo “0” del tilt e del decentramento, non sono comodissime da usare, perché lavorando da dietro la macchina non è immediato estrarle e a volte il movimento si blocca o va un po’ a scatti. Ottimo il sistema di inserimento e blocco della lensboard, che la tiene in posizione in modo fermo e sicuro.
In generale, nell’uso dei movimenti occorre sempre frizionare con le manopole, senza svitarle completamente ma solo un po’, in modo da avere rotazioni o scorrimenti più lenti e precisi. Ciò ovviamente vale per tutte le fotocamere di questo tipo. Durante il test mi sono trovato più volte ad usare la regola di Scheimpflug per gestire il fuoco tiltando la standarda frontale: in questi casi abbiamo due possibilità (foto qui sopra). Si può optare sia per un classico axial tilt, che prevede di ritrarre le suddette levette metalliche e di lavorare con attenzione, frizionando con le manopole e serrando a fondo ad operazione ultimata, in modo da minimizzare il rischio di rotazioni involontarie nelle situazioni limite. Oppure si può lavorare con il tilt basso (manopole di chiusura anteriore), che però costringe a rifocheggiare tutto, arretrando la standarda con il fuoco rapido, dato che di fatto altera notevolmente la distanza obiettivo-pellicola. È invece più comodo ed elementare lavorare con lo swing, sia davanti che dietro: la rotazione è precisa e graduale, il serraggio granitico. Il decentramento laterale (dietro) è comodo, ma un po’ limitato come ampiezza (2cm). In ogni caso le guide lavorano bene, e il serraggio è sicuro. Non particolarmente esteso anche il decentramento verso l’alto (5cm), comunque sufficiente e di pari ampiezza a quello verso il basso. Non dimenticatevi comunque che se vi serve un decentramento ancora più esteso (ammesso che la vostra lente lo supporti), potete sempre aggiungere quello indiretto, oppure cambiare punto di vista scegliendone uno migliore! Forse qualcosina in più si sarebbe potuto aggiungere anche sullo swing, la cui rotazione non è particolarmente ampia, per quanto in linea con quanto si trova su questo tipo di macchine. In poche parole, va abbastanza bene per gestire il fuoco, meno per gestire la prospettiva laterale, che però è un compito più da banco ottico che da folding.
In generale, nell’uso dei movimenti occorre sempre frizionare con le manopole, senza svitarle completamente ma solo un po’, in modo da avere rotazioni o scorrimenti più lenti e precisi. Ciò ovviamente vale per tutte le fotocamere di questo tipo. Durante il test mi sono trovato più volte ad usare la regola di Scheimpflug per gestire il fuoco tiltando la standarda frontale: in questi casi abbiamo due possibilità (foto qui sopra). Si può optare sia per un classico axial tilt, che prevede di ritrarre le suddette levette metalliche e di lavorare con attenzione, frizionando con le manopole e serrando a fondo ad operazione ultimata, in modo da minimizzare il rischio di rotazioni involontarie nelle situazioni limite. Oppure si può lavorare con il tilt basso (manopole di chiusura anteriore), che però costringe a rifocheggiare tutto, arretrando la standarda con il fuoco rapido, dato che di fatto altera notevolmente la distanza obiettivo-pellicola. È invece più comodo ed elementare lavorare con lo swing, sia davanti che dietro: la rotazione è precisa e graduale, il serraggio granitico. Il decentramento laterale (dietro) è comodo, ma un po’ limitato come ampiezza (2cm). In ogni caso le guide lavorano bene, e il serraggio è sicuro. Non particolarmente esteso anche il decentramento verso l’alto (5cm), comunque sufficiente e di pari ampiezza a quello verso il basso. Non dimenticatevi comunque che se vi serve un decentramento ancora più esteso (ammesso che la vostra lente lo supporti), potete sempre aggiungere quello indiretto, oppure cambiare punto di vista scegliendone uno migliore! Forse qualcosina in più si sarebbe potuto aggiungere anche sullo swing, la cui rotazione non è particolarmente ampia, per quanto in linea con quanto si trova su questo tipo di macchine. In poche parole, va abbastanza bene per gestire il fuoco, meno per gestire la prospettiva laterale, che però è un compito più da banco ottico che da folding.
Durante le sessioni di scatto che ho affrontato il comportamento della macchina è stato sempre soddisfacente. Le situazioni “facili” non ve le racconto, sono quelle in cui non c’è vento, il soggetto non necessita di particolari lavori su fuoco e prospettiva e la macchina non è in posizioni che ne stressino la meccanica (vi rimando comunque alle didascalie delle foto dove vi racconto qualcosa su ogni scatto). Vi cito, invece, un paio di situazioni più intriganti. Ho realizzato uno scatto con rapporto di ingrandimento 1:1 (foto 2), usando come lente il 300mm. Tutto è filato liscio e, nonostante l’allungamento notevole (circa 60cm), la struttura ha mostrato una rigidità più che sufficiente a gestire la situazione. Stesso dicasi per un altro scatto (foto 8) in cui, con il pesante 360mm, la macchina era inclinata verso il basso, il soggetto ravvicinato e c’è stata anche la necessita di tiltare la standarda anteriore e azionare lo swing sulla posteriore per gestire il fuoco. Anche in questo caso la struttura ha supportato bene le necessità tecniche della foto, ricordando di serrare a fondo le manopole, per non rischiare movimenti indesiderati.
Infine discorso sul vento (foto 7): alcuni di voi sapranno che io scatto molto in montagna, dove spesso le condizioni climatiche non sono ideali e può capitare che il vento sia un problema, fino a pregiudicare la possibilità di scattare. In generale le condizioni limite per poter lavorare sono molto variabili, a seconda della direzione di provenienza delle raffiche rispetto alla fotocamera, del set-up relativo allo scatto (importantissimo il cavalletto) e anche del tipo e formato della macchina. Le 8x10” ovviamente soffrono maggiormente rispetto ai formati più piccoli a causa della maggiore superficie che offrono, delle leve più lunghe e delle focali usate che spesso sono altrettanto lunghe ed anche pesanti. La Leonardo non fa eccezione, comportandosi più o meno come altre fotocamere di questo tipo e formato. Il vento può rappresentare un problema, che quindi bisogna mettere in conto quando usciamo per scattare. Nell’utilizzo delle focali corte la macchina si comporta molto bene (foto 1). Ho scattato, infatti, utilizzando il Super-Angulon 165mm (che equivale circa ad un 25mm) senza alcun problema. Su queste focali, anche con il soffietto normale, c’è ancora libertà di movimento e si lavora comodamente. Infine due considerazioni: l’utilizzo della manopola per la messa a fuoco di precisione risulta un po’ scomodo quando si estende manualmente la standarda posteriore all’indietro, che va a coprirla, così che raggiungerla con le dita e ruotarla richiede un po’ di sforzo in più, specie per chi ha le mani grandi; andrebbe inserito un sistema aggiuntivo di chiusura della fotocamera perché così com’è, una volta chiusa, rimane comunque un certo gioco e c’è il rischio di un’involontaria apertura parziale della macchina.
Infine discorso sul vento (foto 7): alcuni di voi sapranno che io scatto molto in montagna, dove spesso le condizioni climatiche non sono ideali e può capitare che il vento sia un problema, fino a pregiudicare la possibilità di scattare. In generale le condizioni limite per poter lavorare sono molto variabili, a seconda della direzione di provenienza delle raffiche rispetto alla fotocamera, del set-up relativo allo scatto (importantissimo il cavalletto) e anche del tipo e formato della macchina. Le 8x10” ovviamente soffrono maggiormente rispetto ai formati più piccoli a causa della maggiore superficie che offrono, delle leve più lunghe e delle focali usate che spesso sono altrettanto lunghe ed anche pesanti. La Leonardo non fa eccezione, comportandosi più o meno come altre fotocamere di questo tipo e formato. Il vento può rappresentare un problema, che quindi bisogna mettere in conto quando usciamo per scattare. Nell’utilizzo delle focali corte la macchina si comporta molto bene (foto 1). Ho scattato, infatti, utilizzando il Super-Angulon 165mm (che equivale circa ad un 25mm) senza alcun problema. Su queste focali, anche con il soffietto normale, c’è ancora libertà di movimento e si lavora comodamente. Infine due considerazioni: l’utilizzo della manopola per la messa a fuoco di precisione risulta un po’ scomodo quando si estende manualmente la standarda posteriore all’indietro, che va a coprirla, così che raggiungerla con le dita e ruotarla richiede un po’ di sforzo in più, specie per chi ha le mani grandi; andrebbe inserito un sistema aggiuntivo di chiusura della fotocamera perché così com’è, una volta chiusa, rimane comunque un certo gioco e c’è il rischio di un’involontaria apertura parziale della macchina.

La Leonardo in azione per realizzare lo scatto che vedete nel testo alla voce "Foto 8". Situazione non facile perché il soggetto è vicino, la fotocamera puntata in basso, la lente pesante (Symmar-S 360mm) e c'è la necessità di ruotare sia davanti che dietro (tilt+swing) per orientare il piano di fuoco secondo l'andamento del tronco.
Capitolo portabilità: la Leonardo è compatta, ma non è proprio leggerissima (4,5 kg). La notevole struttura di questa macchina ne condiziona inevitabilmente il peso. Così se un plauso va alla compattezza da chiusa, non sarà possibile per tutti portarla in giro per lunghi tragitti, specialmente se ci si vuole dotare anche di più di uno chassis, più di un obiettivo e via dicendo. Se però rapportiamo il peso alle sue caratteristiche, bisogna ammettere che Samuele Piccoli ha fatto un lavoro notevole, rendendo comunque agevolmente gestibile sul campo uno strumento con notevoli caratteristiche di rigidità e qualità tecniche, che spesso vengono scarificate sull’altare dell’estrema leggerezza. Per quanto mi riguarda non è stato assolutamente un problema infilarla nello zaino da 70 litri, con una lente (360mm), uno chassis, filtri a lastra e accessori vari e portarla sui monti.
CONSIDERAZIONI FINALI
La StenopeiKa Leonardo 8x10” è indubbiamente una bella macchina, e bisogna fare i complimenti a Samuele Piccoli per il lavoro fatto. Esteticamente è un oggetto pregevole, cui la notevole struttura metallica dona, innanzi tutto, un aspetto molto tecnologico e moderno, pur senza rinnegare l’anima artigianale. Si tratta senza dubbio di uno strumento avanzato, da cui l’utente esperto può trarre il massimo, ma che può essere adatto anche al principiante desideroso di dotarsi di una fotocamera in grado di soddisfare le sue esigenze future, quali che esse siano. Come tutte le fotocamere, ha bisogno di essere capita e domata, in modo da comprenderne pregi e difetti. Ritengo non comodissimo il sistema a levette metalliche anteriore, così come, sempre davanti, il sistema di serraggio per decentramento e tilt andrebbe, per quanto possibile, un po’ migliorato con frizioni e manopole maggiorate. Si tratta di dettagli comunque, perché in ogni caso con la Leonardo il lavoro è sempre gratificante e la macchina è in grado di soddisfare la stragrande maggioranza delle situazioni senza problemi. Ineccepibile il sistema di fuoco rapido a scorrimento su guide precise e fluide, sia avanti che dietro, e il fuoco di precisione con vite senza fine. Ottimo anche il vetro con comoda protezione in legno magnetica. La struttura è rigida e tutti gli elementi, una volta ben serrati, sono tra loro solidali, così che le eventuali oscillazioni si smorzano rapidamente e in modo armonico. Il peso rimane nella media, confrontabile con quello di altre fotocamere di pari caratteristiche. Certamente non si tratta di una 8x10” ultraleggera, ma le sue qualità valgono tutto il suo peso. In definitiva quindi, se state cercando una folding artigianale esteticamente accattivante, robusta, tecnologica e divertente da usare, la Leonardo fa per voi, sia che siate ritrattisti, paesaggisti, appassionati di still life o di paesaggio urbano.
NOTE
Prezzo al pubblico: 2997€ + IVA
Varianti sui materiali: base disponibile anche in carbonio; in luogo del cipresso gli elementi in legno possono essere anche in iroko.
Sito web del produttore: clicca QUI!
CONSIDERAZIONI FINALI
La StenopeiKa Leonardo 8x10” è indubbiamente una bella macchina, e bisogna fare i complimenti a Samuele Piccoli per il lavoro fatto. Esteticamente è un oggetto pregevole, cui la notevole struttura metallica dona, innanzi tutto, un aspetto molto tecnologico e moderno, pur senza rinnegare l’anima artigianale. Si tratta senza dubbio di uno strumento avanzato, da cui l’utente esperto può trarre il massimo, ma che può essere adatto anche al principiante desideroso di dotarsi di una fotocamera in grado di soddisfare le sue esigenze future, quali che esse siano. Come tutte le fotocamere, ha bisogno di essere capita e domata, in modo da comprenderne pregi e difetti. Ritengo non comodissimo il sistema a levette metalliche anteriore, così come, sempre davanti, il sistema di serraggio per decentramento e tilt andrebbe, per quanto possibile, un po’ migliorato con frizioni e manopole maggiorate. Si tratta di dettagli comunque, perché in ogni caso con la Leonardo il lavoro è sempre gratificante e la macchina è in grado di soddisfare la stragrande maggioranza delle situazioni senza problemi. Ineccepibile il sistema di fuoco rapido a scorrimento su guide precise e fluide, sia avanti che dietro, e il fuoco di precisione con vite senza fine. Ottimo anche il vetro con comoda protezione in legno magnetica. La struttura è rigida e tutti gli elementi, una volta ben serrati, sono tra loro solidali, così che le eventuali oscillazioni si smorzano rapidamente e in modo armonico. Il peso rimane nella media, confrontabile con quello di altre fotocamere di pari caratteristiche. Certamente non si tratta di una 8x10” ultraleggera, ma le sue qualità valgono tutto il suo peso. In definitiva quindi, se state cercando una folding artigianale esteticamente accattivante, robusta, tecnologica e divertente da usare, la Leonardo fa per voi, sia che siate ritrattisti, paesaggisti, appassionati di still life o di paesaggio urbano.
NOTE
Prezzo al pubblico: 2997€ + IVA
Varianti sui materiali: base disponibile anche in carbonio; in luogo del cipresso gli elementi in legno possono essere anche in iroko.
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