Ingegneria europea e ingegneria giapponese, in questo caso applicate alle fotocamere a corpi mobili, un argomento su cui si potrebbe parlare a lungo. I giapponesi, si ritiene, sappiano ben “copiare” le idee europee, adattandole e, magari, migliorandole. Mi è già capitato di occuparmi di questo tema quando vi ho descritto, un po’ di tempo addietro, la Wista 45, versione giappo della tipica folding all-metal di Linhofiana ispirazione, rispetto a cui, a mio modesto parere, è superiore non nella bellezza e precisione ingegneristica (su questo mamma Linhof non si tocca), quanto nell’uso pratico.
Nel presente articolo vi parlerò di quella che potremmo pensare come il corrispettivo della Wista 45 nel campo dei banchi ottici (monorail): la Horseman L45. Già il nome ed il logo, un cavaliere stilizzato che brandisce una spada al galoppo, sono un chiaro segnale dell’intento battagliero dell’azienda, oggi compresa nel gruppo Kenko Professional Imaging. Una storia abbastanza lunga quella della casa giapponese, attiva dal secondo dopoguerra e produttrice di diversi tipi di apparecchi legati all’imaging. Voglio ricordare, per esempio, le note serie di fotocamere field all-metal Topcon Horseman Press e Horseman 45FA e 45HD (comprese tra gli anni ’70 e ’90 ) e le fotocamere panoramiche 6x12 e 6x17 (SW612 e SW617). L’azienda è tutt’ora attiva con apparecchi dedicati al digitale, come la Axella.
La Horseman L45 deve il suo nome alla forma scelta per progettare le standarde, due grandi e massicce “L”. Si tratta di una caratteristica progettuale comune ad altri produttori del tempo, come la Linhof, di cui si ricordano la Kardan Master L o GTL e la Technikardan, oppure la Cambo Master o la Plaubel Profia. Una caratteristica legata, come vedremo, al meccanismo delle rotazioni di tilt/swing. Ma andiamo ad osservare la L45 da vicino. Da “chiusa” la macchina si presenta subito nella sua livrea nera, con le due possenti “L” ripiegate di 90° in modo da allinearsi con il rail, che ha una forma ad “H” e appare anch’esso molto robusto. Vediamolo in dettaglio.
IL RAIL: la forma ad “H”, secondo i progettisti, garantisce notevole stabilità al sistema, ed io non mi sento certo di dissentire. Superiormente è presente una precisa scala graduata millimetrica (sul lato) e una generosa guida per la messa a fuoco a cremagliera (al centro). Le due estremità sono chiuse da blocchi metallici che impediscono alle standarde di sfilarsi accidentalmente. La lunghezza è fissa (non si possono attaccare prolunghe), ma ci sono varie misure (la standard è 40cm). Esiste anche, su alcuni modelli più avanzati, la possibilità di usare un rail telescopico, che può variare la lunghezza tra 46 e 70cm. Prendendolo in mano si percepisce subito la notevole rigidità e robustezza del pezzo, nonché il suo peso non indifferente, che diventa davvero notevole nel caso di quello telescopico (1,7kg). Nella parte inferiore del rail è presente una seconda cremagliera, cui fa capo la base di forma quadrata con filettatura per il cavalletto. Ecco una caratteristica interessante: la base, larga ma dal profilo basso, presenta una manopola, con relativa leva di blocco, per scorrere sulla cremagliera inferiore. In questo modo si può muovere micrometricamente avanti e indietro tutta la fotocamera, qualcosa di molto molto utile nel caso di fuoco su soggetti ravvicinati (macro e close-up).
Torniamo ora alle standarde...
Più in alto ancora ecco la base dalla “L”, con scala millimetrica per il decentramento laterale (+/- 3cm) e, sotto, la manopola, con blocco coassiale, per azionarlo (micrometricamente). Spostandoci verso la verticale della “L”, ecco il meccanismo di controllo del decentramento verticale (+/- 3cm), uguale a quello orizzontale e sempre micrometrico, e la grossa manopola per controllare il tilt. Anche questo è illimitato (360°), e funziona in modo molto comodo e preciso, pur essendo non-geared. Nel complesso l’insieme standarda/base è davvero monolitico ed appare di una robustezza notevole.
Ad entrambe le standarde è collegato un frame quadrato, rimovibile con facilità, che, in modo totalmente modulare, da entrambi i lati può ospitare indistintamente la lensboard, il soffietto o il frame posteriore con il vetro smerigliato. Inoltre la posizione del frame rispetto alla “L” può essere variata in tre posizioni (indietro-centro-avanti), in modo da raggiungere la minima o massima estensione possibile ed in modo da garantire la gestione del piano di fuoco con Scheimpflug in modo semplice e rapido (come vedremo dopo). Sia le standarde che i frame quadrati posso ruotare su se stessi di 360°, così che si può tranquillamente scegliere da che lato avere le manopole di controllo e come organizzare le suddette posizioni reciproche. Nel complesso leve e manopole sono ben posizionate e distanziate, in modo tale che non è possibile confondersi.
Prima di passare alle mie impressioni e considerazioni d’uso sul campo, alcuni dati tecnici sulla camera: il peso varia dai 4,6kg della versione standard con monorail da 40cm fino ai 6,5/6,8 kg della versione con tilt anti-yaw e monorail telescopico. La distanza minima tra le flange è 60mm (si può usare un 65mm senza piastra rientrante). Il materiale con cui è costruita è alluminio pressofuso e lavorato.
Leggendo i dati sul peso qui sopra vi sarete resi conto subito che non si tratta di un banco leggero, anzi, siamo, nella versione più pesante, ai livelli della Sinar P2 e forse oltre. Lascio a voi le valutazioni sulla fattibilità del trasporto, ma vi posso dire che tutto ciò è giustificato dalla robustissima e tenace struttura della macchina.
Potendo ruotare le standarde a piacimento, si riesce a rendere la macchina abbastanza “compatta” e trasportabile in uno zaino o borsa adeguata senza doverla smontare, così che quando arriviamo sul luogo dello scatto, il setup sarà più rapido. Ciò non è possibile, ad esempio, con una Sinar P/F o Toyo G. Una volta sul cavalletto, l’uso è piacevole, rapido e preciso, ovviamente a patto di usare un cavalletto/testa adeguati, pena il rischio di avere un sistema con baricentro assai sbilanciato con la conseguenza di gettare alle ortiche la rigidità e stabilità della macchina.
Le operazioni standard, fuoco e decentramenti, non presentano intoppi, favorite dall’ottimo vetro smerigliato con fresnel incorporato, dalle manopole ampie e dall’ottimo grip dei meccanismi. Ho solo dei piccoli appunti: avrei preferito, per il blocco della messa a fuoco, una leva (magari coassiale) piuttosto della manopolina in uso, che non ha un feeling eccelso; non essendoci un meccanismo di sblocco rapido delle standarde sul rail, all’inizio occorre portarle alla giusta distanza per la lente in uso manovrando sul fuoco, con un minimo dispendio di tempo; quando si usano i decentramenti verticali, meglio sempre sostenere con una mano in basso il frame quadrato con la lente/vetro smerigliato, per evitare spostamenti involontari verso il basso una volta sbloccato il meccanismo. Si tratta, ci tengo a sottolinearlo, di piccolezze di scarsa importanza che non intaccano l’ottima impressione generale.
Quando si passa ad operazioni un poco più avanzate si apprezza ancora di più la qualità costruttiva, dei materiali e le scelte ingegneristiche alla base del progetto, vediamo. Partiamo da una delle applicazioni più interessanti e al tempo stesso relativamente complesse che è possibile realizzare con un banco ottico: la gestione del fuoco con Scheimpflug. In questo caso la Horseman L45 si comporta egregiamente. La costruzione delle standarde infatti, fa si che gli assi di rotazione del tilt e dello swing giacciano esattamente sul piano focale, coincidendo quindi con le linee centrali (orizzontale e verticale) del vetro smerigliato. Da ciò risulta che, una volta scelto il piano su cui focheggiare con Scheimpflug, basterà mettere a fuoco un solo target giacente su dette linee (quella orizzontale per il tilt, verticale per lo swing) e poi operare sulla rotazione desiderata. Near e far point andranno entrambi contemporaneamente a fuoco, con una sola iterazione e senza spostamento dell’immagine. Niente trial and error con il punto vicino/lontano. Il sistema funziona molto bene, ma per applicarlo occorre lavorare sul piano focale (quindi sul dietro, come per la Sinar). Poi, se necessario, si può trasferire l’angolo utilizzato davanti dopo averlo letto sulle precise scale graduate, e operare una rifocheggiatura finale. Tra l’altro le rotazioni, come già detto, sono molto comode, precise e progressive (basta una mano per operare), quindi mi sento di dire che questo aspetto mi ha lasciato molto soddisfatto.
Complessivamente, l’uso sul campo è stato molto soddisfacente. Macchina davvero robusta, precisa, granitica. Molto comodo e utile anche il grande compendium paraluce. Unico neo è, ovviamente, il peso. La L45 non è certo un oggettino che si porta in giro senza accorgersene. Tutto sommato, grazie alla rotazione delle standarde, entra abbastanza comodamente in uno zaino, ma il peso rimane e, specialmente se scattate con focali molto lunghe, e quindi avete necessità di optare per il rail telescopico, può diventare un ostacolo oggettivo allo svolgimento del lavoro. Se questo aspetto è un problema dipende da voi. Per quanto mi riguarda, rimane ancora nell’ambito del fattibile.
COME L'HO USATA: È da circa un anno che sono entrato in possesso della L45, usandola sovente nell’ambito della mia specializzazione, ovvero la fotografia paesaggistica in montagna (vedi gallery qui sotto). Me la sono caricata nello zaino lungo percorsi anche abbastanza lunghi e faticosi senza particolari problemi. Con il monorail standard da 40cm non ho avuto difficoltà a scattare con varie focali, compresi il 300 e il 360mm (basta ruotare i frame quadrati nella posizione esterna per avere la massima estensione). Ho usato il mio solito cavalletto Gitzo Mountaineer con testa Linhof Pan/Tilt, una buona combinazione, che è stata in grado di resistere anche in caso di vento moderato e condizioni climatiche avverse. Consiglio di dotarsi del soffietto originale Horseman XL, che si estende di circa 50cm, perfetto anche per focali molto lunghe. Ho provato anche a scattare foto ravvicinate e macro, e devo dire che la possibilità di far scorrere tutta la camera sulla base è davvero comoda. Ottimo anche il soffietto a sacco, indispensabile per scattare con focali corte. Ho usato molto spesso anche il paraluce compendium, che ho trovato davvero utile e comodo da usare. Mi sono trovato molto bene insomma!
La L45 che vedete nelle foto del presente articolo è la “LS”, ovvero quella che ha anche il tilt basso anti-yaw. Rispetto alla versione base, cambia anche la manopola della messa a fuoco posteriore, che nella LS ha in più la scala per il calcolo della profondità di campo. Esiste una versione semplificata della L45 che ha i decentramenti non micrometrici, così come versioni più “avanzate” (Pro, LX) che hanno la possibilità di decentrare verticalmente il frame quadrato lungo il piano focale (utile se si ha necessità di ricomporre dopo aver usato le rotazioni per gestire il fuoco). Esiste anche la LX-C che include un computer elettronico per calcoli su fuoco e profondità di campo.
Veniamo alle note economiche: essendo una fotocamera di produzione giapponese, non è difficile trovare ottimi pezzi su ebay provenienti proprio dal paese del sol levante. I prezzi sono ottimi: per 300/400€ (spese di spedizione e tasse escluse) portate a casa un banco completo di accessori (soffietto floscio e paraluce di solito). Quindi siamo su prezzi decisamente economici considerando la qualità complessiva del prodotto.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La Horseman L45 è davvero un’ottima fotocamera. Tra i suoi punti di forza annoveriamo di sicuro la costruzione robusta e possente, la notevole rigidità, la precisione e facilità d’uso dei movimenti. Davvero alta la percezione di qualità dell’assemblaggio e dei materiali, la sensazione è quella di uno strumento progettato per durare a lungo. Da non sottovalutare anche la possibilità di usare accessori Sinar (soffietti, lensboard, otturatore esterno, obiettivi senza otturatore…). Il difetto maggiore è il peso, soprattutto per le versioni con monorail telescopico, molto utile nel caso di uso di focali molto lunghe e/o fotografia close-up. Siamo comunque ai livelli di una Sinar P2, che è una macchina tecnicamente un filino più “avanzata” e più espandibile ma al tempo stesso assai poco pratica sul campo e molto più costosa. La L45 è invece trasportabile nello zaino senza eccessiva difficoltà, grazie alla rotazione illimitata delle standarde. Insomma, una macchina perfetta per lo studio, per le applicazioni tecniche come la fotografia architettonica ma che non è da scartare del tutto anche nel paesaggio, a patto di essere disposti a portarsela dietro. Infine, si tratta di un prodotto decisamente economico sia in assoluto sia in proporzione rispetto ad altri prodotti simili, che possono costare molto di più (Toyo GII, Linhof Kardan Master, Sinar P2, Cambo Master, Arca-Swiss…).